Esperto di Calcio

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31 gennaio 2014

Diego Simeone può rinverdire i propri fasti: l'Atletico Madrid è pronto a volare

Il dualismo fra Barcelona e Real Madrid è finalmente spezzato? Presto per dirlo, ma negli ultimi vent'anni solamente il Valencia, il Deportivo la Coruna e l'Atletico Madrid hanno saputo dare il giusto acuto. E proprio dei Colchoneros che voglio parlare oggi, una squadra fortissima con un allenatore eccezionale. Diego "El Cholo" Simeone, nonostante le casacche di Lazio e Inter, l'ho sempre considerato un grande campione. Il 5 maggio 2002, con il goal all'Inter, ha definitivamente riscattato il suo passato e ho ricominciato a considerarlo per il grande uomo di sport che è. In Argentina ha fatto capire a tutti di che pasta sia fatto, in men che non si dica. Pronti via ecco due titoli con Estudiantes e River Plate; quindi la salvezza agevole a Catania. Esperienze sufficienti per essere chiamato a Madrid, sponda Atletico. All'ombra dei cugini della casa blanca, Simeone è arrivato con un grande obiettivo: vincere.
Simeone ci ha messo ben poco a portare l'Atletico a vincere in Europa, prima l'Europa League e poi la Supercoppa, strapazzando in lungo e in largo il Chelsea di Di Matteo. Perso Falcao in estate, alzi la mano chi pensava che l'Atletico potesse tenere il vertiginoso ritmo di Barça e Real in Liga; e parallelamente dominare il girone di Champions League, qualificandosi dopo solo quattro partite.
Ma il calcio è bello proprio per questo, ed allora cerchiamo di capire se i biancorossi ce la potranno fare a replicare il successo di Radomir Antic del 1996, con in campo un centrocampista argentino insostituibile: Diego Pablo Simeone.

L'Atletico dà la caccia al decimo trionfo, quello che in Italia vale la tanto agognata stella. E secondo me le possibilità di farcela ci sono, perchè la squadra della capitale ha grandi giocatori in ogni reparto. In porta il belga Courtois è una sicurezza, stimolatissimo dalla sfida con il più esperto Mignolet per il ruolo di primo portiere al Mondiale brasiliano. La difesa si sorregge sull'esperienza del nostro futuro avversario Diego Godin (uruguagio) e sul fiammingo Toby Alderweireld, un altro dei grandi talenti che il piccolo Belgio sta sfornando.

A centrocampo capitan Gabi ed il giovanissimo Koke hanno definitamente scalzato il redivivo Tiago, meteora bianconera, ed oggi prima alternativa della mediana biancorossa. L'estroso fantasista basco Raùl Garcia ha il compito di scatenare una delle coppie d'attacco più belle d'Europa: il brasiliano Diego Costa, naturalizzato spagnolo in fretta e furia per il Mondiale, e David Villa. Incredibile pensare che, nonostante abbia perso un certo Radamel Falcao, l'Atletico ha saputo allestire un reparto offensivo così efficace, così forte, così devastante.
Tutti loro, guidati da quel gran tecnico di Simeone, sono le ragioni per cui i tifosi di Barcelona e Real Madrid non possono dormire sonni tranquilli. E anche il Milan è avvisato...

30 gennaio 2014

I fattori chiave che permetteranno al City di vincere la Premier

T.A.S. Quando nello sport si evoca questa sigla, di solito, significa che qualcosa non funziona. Il tribunale arbitrale dello sport è una di quelle istituzioni che nessuno vorrebbe mai fare intervenire, o meglio, che non dovrebbe mai intervenire in un gioco bello come il calcio.
Oggi non voglio parlarvi di tristi e squallide vicende legate a processi sportivi, ma ad un fattore che ho personalmente ribattezzato "TAS" e che contraddistingue il Manchester City.
Tourè, Aguero, Silva. Questi tre calciatori, o per meglio dire fenomeni, saranno il fattore decisivo che porterà il City a vincere la Premier League e a giocarsi il passaggio del turno in Champions League con un Barcellona che non è più lo schiacciasassi di qualche stagione fa.

Yaya Tourè: 191 cm per 90 kg di pura potenza. Ai tempi del Barcelona l'ho sottovalutato, ma ho capito il gravissimo errore tecnico che avevo commesso. L'ivoriano è un centrocampista mondiale, totale. Ha piede e corsa; fisico e grinta; carattere e visione di gioco. Il suo modo di gestire il gioco, di illuminare e dispensare palloni, è formidabile. E' un faro per tutti i compagni, quando passi la palla a lui sai che è in cassaforte. Inoltre ha una botta dalla distanza impressionante, e sa calciare bene con entrambi i piedi. Il colpo di testa, con quel fisico, non lo scopro certo io e ora che si è scoperto anche rigorista, Tourè sarà il fattore decisivo per i successi del City. E in estate occhio alla Costa d'Avorio...

David Silva: 170 cm e 67 kg di classe cristallina. Il centrocampista spagnolo, cresciuto nel Valencia, è stato fin dai suoi primi passi una delle stelle del calcio iberico.
Colonna di tutte le nazionali giovanili e protagonista dei successi spagnoli a livello internazionale, David Silva non è solo uno straordinario talento, ma anche un ragazzo con la testa sulle spalle. Pensa al calcio e vive per esso, sa accarezzare il pallone ed imprimere quel tocco di genio che al gioco serve sempre. Cresciuto nel Valencia, ha fatto innamorare Mancini nel 2010, tanto da strapparlo alla compagine navarra a suon di milioni.
Oggi, che ha trovato il suo alter-ego a destro nel connazionale Jesus Navas, Silva è pronto ad alzare un nuovo trofeo al cielo del City of Manchester Stadium, raccogliendo quel boato fragoroso che i tifosi citizens riservano ai propri beniamini.

Sergio "El Kun" Aguero: uno che Maradona definì "erede" non può che avere piede fatati, un cervello calcistico sopraffino ed una classe smisurata. Nato seconda punta in quel dell'Independiente, col tempo si è trasformato in attaccante totale, capace di giocare in coppia con qualcuno o di sostenere il peso dell'attacco sulle sue spalle. Aguero è dotato di ottima tecnica, una notevole accelerazione, grande agilità, dribbling, facilità di tiro con entrambi i piedi e di una spiccata intelligenza calcistica. Peculiare è il suo repentino cambio di direzione palla al piede, favorito dal baricentro basso e dalla potenza che riesce ad imprimere nell'esecuzione del movimento. Nel corso delle stagioni ha irrobustito la propria struttura muscolare e guadagnato in forza fisica, senza per questo venir meno al suo stile di gioco originario. Avendo una buona elevazione possiede comunque un discreto colpo di testa, ed è anche molto abile nel fornire assist. 51 goal in 80 partite di Premier League, quarto di tutti i tempi per media reti, vi pare poco?

Tourè, Aguero, Silva, i fattori chiave di un City fantastico, che può contare su elementi di spicco a completare la rosa: Kompany, Nasri, Negredo, Dzeko, Kolarov, Navas, Fernandinho, Clichy, Nastasic, Jovetic....
Superbia in proelio.

29 gennaio 2014

Editoriale: Inter, quale futuro ti attende?

La famiglia di Esperto di Calcio non lascia, raddoppia. A tutti gli amici del portale chiedo infatti di dare il benvenuto ad un nuovo editore, Davide Cerati.
Emiliano di Reggio, vent’anni, frequenta come il vostro Esperto alcuni anni orsono, il corso di laurea in Storia. Appassionato di calcio e giornalismo, comincia con un tagliente editoriale sull'Inter di Tohir. Il suo approdo in redazione è una ventata d'aria fresca per i followers del blog, sempre molto attenti alle vicende di casa Inter e da tempo in attesa di un punto di vista diverso sul mondo meneghino. Ecco a voi il suo primo pezzo, il primo di una lunga serie assieme.

'Quale futuro per questa Inter?'Io credo che un po' tutti gli interisti,come me,si siano fatti questa domanda.
Vedo,anche con una certa invidia,che società come il Milan riescono a piazzare colpi a parametro zero,o comunque a basso prezzo,come Rami,Honda e,per ultimo,Essien.'Oh,addirittura 'colpi'!'mi direte.Ok,non saranno 'colpi di mercato',ma certo giocatori utili alla causa Milan,soprattutto in un momento di difficoltà come questo per la società meneghina.
E l'Inter?Al momento tutto tace.Ma è possibile che non ci sia nessun discreto,non dico buon,giocatore che possa venire all'Inter?Va bene che a gennaio non si trovi granchè sul mercato,ma perchè le altre società riescono a fare qualche 'colpetto' e l'Inter no?Poi,nessun giocatore,che magari gioca poco,può venire a giocare nell'Inter?Non c'è proprio nessuno?
'Ma non ci sono soldi' dice Thohir.Perfetto,utilizziamo contropartite tecniche,allora.Ma i dirigenti dell'Inter(o,meglio,pseudo-dirigenti) sembrano non sentirci,vedi il caso D'Ambrosio.
Non ci resta che richiamare alla base qualche nostro 'giovine' prestato ad altri.E,in questi anni,bisogna riconoscere che il settore giovanile dell'Ambrosiana ha lavorato piuttosto bene.Ha prodotto giovani del calibro di Bardi,Donati,Caldirola,Duncan,Bessa,Longo,Livaja,ecc..Giocatori che,oggi come oggi,potrebbero tornare utili alla nostra squadra.Si potrebbe richiamare Duncan,bel centrocampista fisico ora in forza al Livorno.Oppure Livaja,che sta facendo discretamente bene all'Atalanta.O,ancora,Longo,chiuso a Verona.Ma non succede niente.
Thohir dovrebbe tornare in Italia questo fine settimana.Spero che succeda qualcosa da qui al 31 gennaio.E vorrei ricordare che il mercato finirà tra una settimana.E non è ancora successo niente.
Anche in uscita è successo poco e sembra che,anche qui,i dirigenti facciano fatica a piazzare giocatori,vedi Belfodil che è più di un mese che deve partire,ma è ancora qui.
Che volete che vi dica,sono sconfortato.E,al momento,faccio fatica a pensare ad un futuro positivo per l'Inter.E non vi dico la 'depressione' che mi prende ogni volta che la guardo 'giocare'...ah,mala tempora currunt!

Davide Cerati

28 gennaio 2014

Storie di calcio: l'ennesimo colpo di Galliani? Taarabt!

Poco fa le agenzie hanno battuto una notizia che, secondo me, ha dell'incredibile.
"Dopo l'ingaggio di Essien, il Milan muove passi importanti per Adel Taarabt (24), trequartista marocchino in forza al Fulham ma di proprietà del Queens Park Rangers. Come riporta Sportmediaset.it i rossoneri hanno chiuso uno scambio con i Cottagers: Cristian Zaccardo (32) andrà dunque al Fulham e i rossoneri avranno a disposizione il calciatore classe '89 per il resto della stagione. L'ex Parma si trasferirà dunque a Londra per giocare in Premier League fino a giugno, mentre Taarabt rinforzerà la rosa a disposizione di Clarence Seedorf."
Pochi conosceranno Adel Taarabt, ma vi garantisco che il talento non manca a questo ragazzo, per nulla. Ha colpi davvero pazzeschi, fino ad ora celati da un carattere fumantino che lo ha limitato nella sua esplosione. Ma parliamo di un classe '89, scambiato per un difensore che seppure si può fregiare dell'alloro Mondiale nel 2006, è ormai un ex giocatore.
Signori attenzione, Taarabt se mette la testa a posto potrebbe fare davvero grandi cose. In attesa di capire se la notizia è vera e quale formula è quella giusta per il trasferimento non possiamo che rimanere allibiti. Mentre c'è chi litiga per lo scambio Vucicni-Guarin (e poi acquista discutibili elementi), Galliani agisce nell'ombra come sempre. L'unico dubbio che mi fa venire l'affare è la convivenza di tanti trequartisti e soprattutto il rapporto con un altro carattere spigoloso, ovviamente quello di Mario Balotelli, poco incline a lasciarsi mettere in ombra.

24 gennaio 2014

Storie di calcio: Alessandro Birindelli, un uomo chiamato "valore"

Qualche settimana fa avevamo raccontato la storia di Alessandro Birindelli, che da neo-tecnico aveva ritirato dal campo i suoi ragazzi a causa delle intemperie parentali sugli spalti. A chi pensava che quella di "Birindo" fosse la classica mossa pubblicitaria, ecco la risposta dell'ex difensore della Juventus. Domenica, a seguito di un calcio di rigore fischiato in suo favore, ha invitato i suoi ragazzi a dare una mano all'arbitro, subissato di proteste da parte della squadra avversaria.
"Ho detto ai ragazzi di aiutare l'arbitro e così l'attaccante ha ammesso che non era fallo. Ma il merito - dice il tecnico a La Nazione, che oggi ha raccontato l'episodio - è dei miei giocatori. Sono loro che hanno detto all'arbitro che il rigore non c'era".
Evidentemente il terzino scuola Juventus ha il fair play nel sangue e si batte perchè i ragazzi crescano con valori sani, principi solidi. Questo è il calcio che vorrei vedere sempre, quello che un giorno vorrei che giocasse mio figlio. Divertimento, passione, lealtà. La grinta, il duello, l'aggressività sportiva son tutti elementi che rendono lo sport agonistico intenso e bello, da praticarsi e vedersi. La lealtà, però, è un valore spesso sottovalutato nel mondo del calcio e dello sport. Grazie a Birindelli, forse, qualche bambino in più avrà questo meraviglioso valore nel suo bagaglio culturale.

21 gennaio 2014

Storie di calcio-Vucinic, Guarin e quelle velate minacce: La società Inter messa in scacco dalla curva, di nuovo..

Nella notte di domenica, in quel di Torino, squilla il telefono. Un assonnato Beppe Marotta risponde, e dall'altro capo della cornetta trova un Marco Branca pimpante come non mai. Il dirigente nerazzurro lo convoca a Milano, ha un'idea che gli frulla in testa da qualche ora. Marotta, insieme al fidato e inseparabile Paratici, si presenta nel capoluogo meneghino con il fare di chi sa cosa vuole. L'Inter vuole Vucinic, ma la Juventus non ci sente da quell'orecchio, a meno che....
I nerazzurri hanno in rosa due soli giocatori che Antonio Conte chiede da tempo, Ranocchia e Guarin. Il difensore, cercato anche dal Dortmund (pare), è un patrimonio della società milanese. Branca, dopo aver svenduto Destro al Genoa, non vuole darlo via. Ma Guarin si può trattare, eccome. Le società raggiungono l'intesa, i giocatori danno il loro placet e Vucinic si mette in viaggio per Milano. A quel punto interviene la curva nerazzurra, scrivendo un comunicato ufficiale. I tifosi meneghini, dopo aver minacciato di far chiudere tutti gli stadi d'Italia con il "cantiamo che c...o ci pare" tornano alla carica. Stavolta paventano un lancio di seggiolini a San Siro e forse in città si tira un sospiro di sollievo. In fondo, dopo un motorino, i seggiolini sono ancora un lancio abbastanza civilizzato.
Tohir, direttamente dall'Indonesia, chiama e blocca tutto. Non sa in che pasticcio si è messo acquistando l'Inter e pone il veto alla cessione. A questo punto i dirigenti della Juventus son spiazzati e un pò indispettiti, Guarin e Vucinic incazzati neri. Il colombiano, stando a fonti autorevoli, irrompe in società e lancia un lapidario messaggio: "o mi fate andare alla Juve o non mi vedete più".
Branca e Ausilio, stretti nella morsa delle minacce, riprendono la trattativa. E' ormai tutto troppo definito per tirarsi indietro e far finta di niente. In serata Vucinic sostiene le visite mediche, Guarin viene rassicurato e le parti si aggiornano alla mattina.
Lo scambio si farà e solo il tempo dirà chi ha fatto un affare. Vucinic è un calciatore dal cristallino talento, uno che ha nei piedi e nella mente le capacità per essere fra i migliori dieci al mondo. Ma è discontinuo e poco incline al sacrificio; in avanti alterna grandi giocate a clamorosi errori sottoporta. E, cosa non da poco, ha 31 anni.
Guarin non è forse un campione, ma ha muscoli e potenza da vendere. E' un classe '86 e Conte stravede per lui. La speranza è solo che non precluda la cessione di Pogba, ma per il resto si tratta certamente di un rinforzo e non da poco. Permetterebbe a Conte di cambiare modulo e di avere finalmente due alternative importanti. Marchisio potrebbe studiare da vice-Pirlo, ruolo ricoperto davvero bene nelle ultime usciste; Pogba.Vidal e Guarin alternarsi nel ruolo di mezz'ala. Mica male.

Non è il primo e non sarà l'ultimo scambio, come riporta Eurosport:
Pochi ma buoni. E inequivocabili. La storia degli scambi di mercato tra Inter e Juventus non lascia dubbi: i nerazzurri hanno sempre rinforzato la Vecchia Signora con giocatori che si sono saputi imporre in bianconero contribuendo alla conquista di numerosi trofei. In cambio la Beneamata ha potuto accogliere calciatori dal grande passato, ma ormai in fase calante. O, peggio ancora, celebri ignoti. Scelte a volte azzardate, altre incomprensibili per l’Inter. Non solo a posteriori, ma anche a priori.
BONINSEGNA perANASTASI – Il primo della serie è Roberto Boninsegna alla Juventus per Pietro Anastasi all’Inter. Correva l’anno 1976. Consacratosi come uno dei più grandi della storia nerazzurra, Bonimba aveva 33 anni ma a Torino riuscì a fare la differenza. In tre anni segnò 35 gol vincendo due scudetti, una Coppa Italia e il primo titolo europeo della Juve, la Coppa Uefa. Prese così il via lo storico decennio del Trap. Anastasi, dopo essere stato messo fuori rosa dalla squadra in seguito a incomprensioni con l'allenatore, Carlo Parola, a Milano non lasciò il segno pur essendo più giovane di cinque anni rispetto a Boninsegna: in due campionati mise a referto solo 7 gol vincendo una Coppa Italia. Fu l’inizio del declino: suo e dell’Inter.
SERENA perTARDELLI - Nell'estate del 1985 ci fu lo scambio fra Marco Tardelli e Aldo Serena. A proporlo fu il presidente nerazzurro Ernesto Pellegrini, che cercava un centrocampista di livello internazionale. Andò, però, meglio a Madama che con Serena, autore di 21 gol in due stagioni, vinse lo Scudetto e la Coppa Intercontinentale mentre Tardelli, ormai a fine carriera, non riuscì a esprimere sotto la Madonnina il suo miglior calcio. L'attaccante fu pagato 2,8 miliardi di lire più il cartellino del campione del Mondo a Spagna 1982, valutato 3,2 miliardi. Tardelli, dopo due stagioni deludenti con 58 presenze e 2 gol, nel 1987 si svincolò per passare al San Gallo. I nerazzurri, pentiti, si consolarono solo successivamente e riportarono Serena, futuro capocannoniere dello Scudetto dei record, a Milano con un esborso di 3,5 miliardi.
CANNAVARO per CARINI— Nel 2004 l’operazione più assurda. Fabio Cannavaro lasciò l’Inter dopo due stagioni a bassi livelli per passare alla Juve. Alla base dello scambio le pressioni di Moggi che, secondo le indiscrezioni emerse a posteriori, intimava al giocatore di rompere con l’Inter: una supervisione che provocò una serie di infortuni molto sospetti. Il futuro capitano della Nazionale campione del Mondo nel 2006 nonché Pallone d’Oro arrivò in cambio di Fabian Carini, portiere uruguaiano allora 25 enne. Il primo anno giocò appena quattro gare di campionato, una in Champions e quattro in Coppa Italia. Dopo una stagione a Cagliari, tornò a Milano nel 2006-2007, ma l’unico posto garantito che ebbe fu la tribuna. Errare humanum est, perseverare autem diabolicum: le locuzioni latine non piacciono all’Inter.

Salutare uno degli eroi degli scudetti post-calciopoli fa tristezza, ma era giunto il momento di separarsi da Vucinic, ormai riserva dell'implacabile coppia Tevez-Llorente. E di Conte io mi fido, se ha avallato la cessione avrà le sue ragioni.

15 gennaio 2014

Storie di calcio: la singolare avventura dello stolto Matteini

Ci sono ragazzi che farebbero carte false per guadagnare certe cifre giocando, correndo dietro a un pallone. C'è poi chi si permette, pur non avendo il talento per essere un grande campione, di rifiutare 170 mila euro l'anno perchè "non ci sono locali e discoteche". De gustibus. 
(fonte: http://iltirreno.gelocal.it/)

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(Nella foto Davide Matteini (a sinistra) e Simone Quinteri nelle capitale del Brunei)
LIVORNO. «Tenetevi il miliardo». Cristiano Lucarelli fece parlare di sé nel 2003, quando abbandonò il Torino, scese di categoria e rinunciò a un bel po' di soldi per indossare la maglia dell'amato Livorno. Ora, qualcuno segue le sue orme. I valori sono diversi ma, fatte le dovute proporzioni, si tratta di una rinuncia non meno importante. Per un giocatore reduce da una stagione in Lega Pro, infatti, non deve essere facile dire no a un contratto da 170mila dollari di ingaggio, a una villa con piscina in riva al mare e all'amicizia di un potente sceicco. Il motivo? No, stavolta non c'entra l'amore per un'altra maglia, bensì l'idiosincrasia per quella appena indossata.
«Tenetevi il Brunei, se resto qui divento pazzo». Davide Matteini, vecchia promessa del pallone (non del tutto mantenuta), spiega così la sua voglia matta di tornare casa. O meglio, di fuggire dal piccolissimo e ricchissimo sultanato nel quale è sbarcato da appena un paio di giorni per mettere la firma su un contratto faraonico con il Dpmm, club del principato.
L'attaccante di origine livornese, alla soglia dei 32 anni, dopo aver collezionato qualche fugace esperienza in A e aver cambiato un'infinita di maglie tra serie B e categorie inferiori (EmpoliReggianaPescaraLivorno e ultimamente Tuttocuoio in Lega Pro), aveva deciso di provare l'esperienza all'estero. Del resto, il calcio nostrano gli aveva già dato tutto: «Ho giocato nel Livorno, segnato al Picchi e calcato i campi della serie A. Mi mancava un gol al Pisa, ora che è arrivato posso anche morì …», disse dopo una rete segnata agli odiati nerazzurri con la maglia della Reggiana. I dvd con i suoi gol spediti in Brunei da qualche amico, invece, lo hanno reso popolare in quel remoto angolo di mondo, facendo innamorare lo sceicco del Brunei.
Così dal sud est asiatico è arrivata la proposta choc: quasi 170mila dollari l'anno. Ben altro rispetto ai 20mila euro che girano in Lega Pro. Matteini non c'ha pensato un secondo ed è partito per il sultanato, con l'obiettivo di mettere l'autografo sul contratto della svolta. Con lui, a fargli da Cicerone, Simone Quintieri, altro giramondo del pallone con qualche prezioso contatto in Indonesia.
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(Nella foto Matteini con la maglia dell'Empoli)
Ma le attese dell'ex centravanti neroverde sono andate deluse non appena ha messo piede nella capitale del suo nuovo regno calcistico: Bandar Seri Begawan. Il perché lo spiega lui stesso tramite WhatsApp. «Qua c'è davvero poco - racconta - è una piccola isola dove tutti pregano dalla mattina alla sera. Persino di notte si sente il muezzin salmodiare dal minareto. È un disastro! Sembra di essere al Vaticano, ma con più rigidità. Non ci sono discoteche, pub o locali. Non danno neppure l'alcol nei ristoranti e le ragazze… lasciamo perdere. Insomma, è tutto molto diverso dal mondo a cui siamo abituati in Occidente. Adattarsi a vivere qui sarebbe dura. Credo proprio che rinuncerò alla proposta». Il Brunei, seppure ricco di petrolio e dollari, non è ancora Dubai o Abu Dhabi. E per un viveur edonista come Matteini l'atarassia è cosa assai complicata. Tatuaggi, abbronzatura e capello alla moda: il funambolo labronico sembra il classico tronista a caccia di avventure. Non solo calcistiche. Non a caso nel settembre scorso si accomodò sulle poltrone di "Uomini e donne", mostrando le sue doti di corteggiatore.
«Gli manca il Seven - scherza l'amico Quintieri - In parte lo capisco. Qui il calcio non è molto sentito, lo sport principale è il softball. La società che lo vorrebbe acquistare è nata appena nel 2000 e partecipa al campionato di Singapore, perché qui non ci sono altre squadre. E poi questo è un paese islamico integralista, dove si vive in maniera assai diversa rispetto a quello a cui siamo abituati». I due atleti sono stati ricevuti dal principe Al-Muhtadee Billah, erede al trono e figlio del sultano Hassanal Bolkiah. «È venuto a vedere l'allenamento ed è rimasto impressionato da Davide - raccontano Simone - Il problema è che lui non se la sente di rimanere». Neppure i lussi che l'amicizia del sultanato può garantire sembrano in grado di far cambiare idea all'attaccante dongiovanni: «Ci hanno portato a vedere la casa di un compagno di squadra croato - racconta Davide - Una mega villa in riva al mare con tanto di piscina. Tutto molto bello. Ma non posso rischiare di diventare matto per soldi. Ho già parlato col mio procuratore e penso che recupereremo alcune delle offerte che avevo in Italia».
(Nella foto Matteini esulta dopo un gol con la maglia del Livorno)
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13 gennaio 2014

Juventus, la più forte di sempre?

Dalle colonne de "Il calcio secondo me", il mio amico Mauro Piro ha scritto un bell'editoriale sulla Juventus. 52 punti in 19 partite sono qualcosa di mostruoso, giusto celebrare questo record. Io, da bianconero, sarei forse troppo di parte. Ecco che lascio la parola ad un giovane giornalista in rampa di lancio.

C’è solo un aggettivo per ben definire i contorni di questa Juventusdi inizio campionato, e questo è “cannibale”. Non tanto per la “fame” di vittorie, termine usato ed abusato in questi tempi di “Contiana” gestione bianconera, ma quanto per l’irruenza, sportiva s’intende, con cui gli uomini in bianconero aggrediscono il campo. Trame di gioco ripetute allo sfinimento, un giro palla a tratti irridente nei confronti dell’avversario, corsa ed applicazione mentale costante da parte di tutta la squadra. In sintesi: sacrificio. Ed è un sacrificio compiuto da tutti gli 11 bianconeri. Perché con Antonio Conte funziona così: corri, aggredisci, gioca per la squadra, ripeti il tutto fino al 90°, o il tuo futuro è accanto ai suoi assistenti tecnici, in panchina.
Un esempio lampante di questa filosofia? La dedizione di Mirko Vucinic. Chi avrebbe mai immaginato che il montenegrino, spesso criticato per la svogliatezza espressa nel rettangolo di gioco, dopo una partita di polmoni e genialità, quasi vicino allo scadere del 45° del secondo tempo, potesse andare a recuperare un pallone in scivolata quasi a centrocampo (esempio liberamente tratto da Juve-Lazio 4-1 nda)? Applicazione, abnegazione, aggressività. Cannibalismo per l’appunto. Per una Juve che si candida certamente ad essere una delle più forti della storia bianconera. Rispondiamo subito a chi possa far passare per blasfemia questo assunto: è vero, in questa Juve non si rintraccia il tasso tecnico della Juve di Capello, che poteva vantare talenti del calibro di Nedved, Ibrahimovic, Cannavaro, Vieira, Del Piero, Trezeguet, Zambrotta e chi più ne ha più ne metta, o le elevate qualità della Juve di Lippi, quella di Trapattoni o tante altre ancora. La Juve di Conte si differenzia per altre peculiarità: il gioco ad esempio,intelligente e martellante, offensivo ma compatto. E’ una squadra che ha un’anima ben visibile, quella di Conte, che ha una rabbia agonistica tale da entusiasmare il pubblico. E’ una Juve che non teme i paragoni con il passato, e che vanta un allenatore, il vero fenomeno di questa squadra, già nell’olimpo dei tecnici bianconeri dopo sole due stagioni e 3 partite ufficiali. E’ una Juve forte, forse la più forte di sempre, soprattutto grazie al suo tecnico: spietato in campo ed in sala stampa, maniacale negli allenamenti settimanali, fumantino durante le gare. In una parola cannibale. Come la sua Juventus, forse la più forte di tutti i tempi.

7 gennaio 2014

Il ragazzo che ha cambiato il Milan: Bryan Cristante

Non è elegante dire "io lo avevo detto", ma in questo caso è vero. Oggi tutti si accorgono di quanto Cristante sia forte, promettente e con una personalità fuori dal comune per un ragazzo classe 1995. Eppure, rispettivamente dodici e sei mesi fa, su questo blog sono usciti due speciali sul centrocampista rossonero, che tanto bene ha fatto ieri da titolare contro l'Atalanta. Per celebrare la sua rete ho deciso di riproporveli, per conoscere ancor meglio le potenzialità dell'italo-canadese Bryan Cristante.

Figlio di padre canadese, Bryan Cristante nasce a San Vito al Tagliamento il 3 marzo 1995. Da bambino entra a far parte della scuola calcio del Casarsa, squadra del vicino paese di san Giovanni di Casarsa. Ancora giovanissimo si trasferisce al Liventina Gorghense, un piccolo club situato in provincia di Treviso. Qui si mette in mostra e si guadagna, nel 2009, il trasferimento al Milan.
A 14 anni entra a far parte del settore giovanile del Diavolo, con il quale farà tutta la trafila fino ad arrivare in prima squadra. Il suo debutto è di quelli che non si dimenticano: il 6 dicembre 2011, a 16 anni, fa la sua prima apparizione con il Milan, subentrando a Robinho nei minuti finali della sfida con il Viktoria Plzen.
Il debutto in Champions League a soli 16 anni lo ha reso il più giovane rossonero ad aver mai giocato nella massima competizione continentale ed il terzo giocatore di tutti i tempi.
Salvo questa piccola parentesi con il Milan dei grandi, Cristante è stato ed è uno dei punti fermi della formazione Primavera.
Nel 2011-2012 ha collezionato, alla sua prima stagione in Primavera, 20 apparizioni ed una rete, nella vittoria casalinga contro l'Hellas Verona. Con il passare delle partite Cristante è divenuto sempre più leader, diventanto nel corso di quest'anno il vero e proprio faro del centrocampo. 17 presenze e 2 goal sono il suo bottino momentaneo, ma il meglio di sé lo ha dato durante il Torneo di Viareggio.
In Toscana ha infatti guidato i rossoneri fino alla finale, persa con l'Anderlecht di Jordan Lukaku ed Acheampong. Nonostante l'amarezza in finale, per Cristante è stato un torneo di primissimo livello. Il giovane centrocampista rossonero, infatti, è stato insignito del premio "Golden Boy", riconoscimento che viene assegnato al giovane più promettente dell'intera manifestazione.
Nel corso di questa stagione Cristante si è più volte guadagnato la convocazione di Allegri per andare in panchina, senza aver mai l'occasione di scendere in campo. Le grandi prestazioni e l'abnegazione del ragazzo nel lavoro quotidiano, gli sono valsi i pubblici elogi di Adriano Galliani. L'amministratore delegato rossonero ha infatti dichiarato che dalla prossima stagione Cristante sarà fisso nel giro della prima squadra, andando così a rinfoltire il reparto di "baby fenomeni" a disposizione di Allegri. Con De Sciglio, Niang ed El Shaarawy comporrà una delle rose più interessanti e giovani dell'intero panorama calcistico italiano.
Bryan Cristante non è mai stato un ragazzo come tutti gli altri, il suo talento è sempre emerso in maniera piuttosto limpida. A partire dal 2010 è entrato a far parte del giro delle Nazionali giovanili italiane, facendo due presenze con l'Under16. Apparizioni che sono bastate a convincere Daniele Zoratto a farne il perno dell'Under17 prima e dell'Under18 poi. L'ex giocatore del Parma ha costruito la squadra proprio intono al regista rossonero, dai cui piedi passavano tutte le trame offensive della squadra.
Con l'ex rossonero Alberigo Evani, primo allenatore dell'Under18, il feeling non è cambiato. Cristante è parte integrante del progetto azzurro, che ha ripagato con ottime prestazioni e due reti di pregevole fattura.

Visione di gioco, piede educato e lancio millimetrico. Sono queste le principali caratteristiche di Bryan Cristante, regista di centrocampo dotato di tecnica sopraffina e tempi di gioco perfetti.
Nato come centrale di centrocampo, è stato ben presto impiegato come fulcro del gioco nelle giovanili rossonere. Impossibile non sfruttare le fantastiche doti di questo centrocampista, abile a smistare il pallone ed in grado di dettare i tempi del gioco. Cristante predilige prendere la palla dai difensori ed impostare lui stesso la manovra di gioco. Ne più ne meno il gioco che fa Andrea Pirlo nella Juventus e con la Nazionale.
Cristante, per quanto il paragone con il numero 21 sia azzardato, rappresenta un unicum nel panorama dei centrocampisti italiani. Bravissimo palla al piede, gioca sempre a testa alta ed è in possesso di un lancio formidabile. Cristante ha una dote innata nel verticalizzare il gioco, conferendo alla manovra offensiva una costante imprevedibilità. Il suo lancio, forte e preciso, ricorda molto quello dei centrocampisti britannici e rappresenta una soluzione offensiva immediata.
Destro naturale, Cristante calcia molto bene con entrambi i piedi. Non è solo un metronomo con spiccata visione di gioco, il giovane Bryan è giocatore completo, capace di disimpegnarsi in ogni situazione. Ottimo sui calci piazzati, sa calciare sia a scavalcare la barriera che di potenza. A discapito dei suoi 186 cm, Cristante possiede un piede delicatissimo e un tocco vellutato. La sua stazza fisica, unita ad una tecnica eccelsa, lo rendono un prospetto davvero formidabile. La sua altezza, infatti, gli permette di essere anche un perfetto schermo difensivo davanti alla difesa, diventando essenziale in entrambe le fasi di gioco. Difensivamente fa valere il suo fisico; in fase propositiva, invece, la sua tecnica.


Fresco di rinnovo contrattuale fino al 2018, ha incassato i complimenti di Adriano Galliani: "Gli ho augurato di fare come Kaka’, che in sei anni da noi ha fatto sei contratti, o El Shaarawy che in tre anni ha avuto tre contratti. I ragazzi partono con stipendi da ragazzi, poi la crescita dipende da loro". Sui paragoni con Pirlo, Montolivo e Aquilani, il dirigente rossonero ha detto: "Calma, ci vuole pazienza. Non possiamo fare come in Brasile dove dopo due gol un giocatore vale 20 milioni di euro". Ma se sul mercato ci fosse una richiesta: "Io chiederei 20 milioni. E’ una battuta, non lo vendiamo". Una battuta che nasconde una verità lampante: Cristante è un predestinato. 

Tecnica, visione di gioco, precisione e dribbling. Sono queste le caratteristiche che deve avere un grande regista di centrocampo. Andrea Pirlo e Xavi Hernandez rappresentano, in tal senso, due istituzioni. Sono i giocatori che più di ogni altro incarnano le doti che un mediano che gioca davanti alla difesa deve avere. Sono completi, impostano e difendono; sanno far partire l’azione da dietro o verticalizzare in profondità; sono in grado di mettere in porta il compagno in mille modi e maniere. Tecnicamente eccelsi, offrono un ventaglio di soluzioni ampissimo.
Tutti i maggiori club europei si sono resi conto dell’importanza di avere un grande regista in squadra, ed alcuni di questi si sono portati avanti con il lavoro crescendo in casa alcuni dei più fulgidi talenti del ruolo. Il più importante e conosciuto è Marco Verratti, faro del Paris Saint Germain con un passato nel vivaio del Pescara. Accanto a lui, però, ci sono altri ragazzi di grandissima prospettiva.
Bryan Cristante, talento italo-canadese classe ’95, è considerato un predestinato. Visione di gioco, piede educato e lancio millimetrico. Sono queste le principali caratteristiche di Bryan Cristante, regista di centrocampo dotato di tecnica sopraffina e tempi di gioco perfetti. Nato come centrale di centrocampo, è stato ben presto impiegato come fulcro del gioco nelle giovanili rossonere. Impossibile non sfruttare le fantastiche doti di questo centrocampista, abile a smistare il pallone ed in grado di dettare i tempi del gioco. Cristante predilige prendere la palla dai difensori ed impostare lui stesso la manovra di gioco. Ne più ne meno il gioco che fa Andrea Pirlo nella Juventus e con la Nazionale.
Cristante, per quanto il paragone con il numero 21 sia azzardato, rappresenta un unicum nel panorama dei centrocampisti italiani. Bravissimo palla al piede, gioca sempre a testa alta ed è in possesso di un lancio formidabile. Cresciuto nel vivaio del Milan, verrà promosso in prima squadra a partire da quest’estate.
Thiago Alcantara, figlio dell’ex nazionale brasiliano Mazinho, è uno dei prodotti della cantera del Barcellona. Classe 1991, ha nella visione di gioco e nel tocco di palla le sue migliori qualità, tanto da spingere i media spagnoli a paragonarlo a Xavi Hernandez.
Nato in provincia di Brindisi, il giovane talento brasiliano naturalizzato spagnolo ha scalato in fretta le gerarchie del settore giovanile blaugrana. Dal 2009 fa parte della prima squadra, con cui ha collezionato ad oggi 101 partite e 11 reti. Alcantara, come ha dimostrato nel corso del recente Europeo Under21, è un centrocampista di spiccata personalità e con una visione di gioco che solo i grandi campioni possono vantare. Gioca davanti alla difesa, ma ama svariare lungo tutta la zona centrale del campo, inserendosi anche in area di rigore. Destro naturale, ha una tecnica sopraffina, tanto da sembrare un ambidestro in molte circostanze di gioco. Un carattere ed una personalità rocciosa lo hanno portato ad essere capitano e rigorista dell’Under21 iberica, con cui ha vinto ben due Europei di categoria.
Il dualismo con Xavi Hernandez, leggendaria stella del calcio iberico, sembrerebbe spingere Thiago Alcantara a chiedere la cessione in estate. Inutile dire che il suo acquisto sarebbe un innesto formidabile per qualsiasi centrocampo.
Mateo Kovacic, talentino croato classe ’94, è stata una delle poche note liete della scorsa stagione interista. Cressciuto nel Lask Linz, si è fatto un “nome” in patria indossando la maglia della Dinamo Zagabria, dove gli è stata immediatamente concessa massima fiducia. Semplice capirne il motivo, fin dalle prime apparizioni in Serie A, Kovacic ha dimostrato a tutti di che pasta è fatto.
Il giovane regista croato ha qualità eccelse, unite ad una sfrontatezza che solo chi possiede grandi mezzi può vantare. Rapido ed in possesso di una progressione davvero notevole, Kovacic ha una tecnica di base invidiabile. Il suo dribbling, secco e preciso, aiutano le sue squadre a godere facilmente della superiorità numerica, ponendo le basi per importanti azioni offensive.
Uno dei suoi marchi di fabbrica, oltre a geometrie e verticalizzazioni, sono i calci di punizione. Con la maglia della Dinamo erano frequenti le sue trasformazioni da palla inattiva, tanto che in 43 presenze è riuscito a collezionare ben 7 reti. Nato come trequartista, si è progressivamente abbassato in campo, ricoprendo prima il ruolo di mezz’ala, quindi quello di regista basso davanti alla difesa.
Tonny Trindade de Vilhena, regista classe ’95, è il più importante prospetto del calcio olandese. Cresciuto calcisticamente nel Feyenoord, si è ritagliato un posto da protagonista a soli 18 anni in prima squadra. Tecnica e visione di gioco son caratteristiche che madre natura gli ha regalato, che uniti alla sua rapidità ed alle sue verticalizzazioni lo rendono un giocatore con caratteristiche devastanti.  In possesso di geometrie fuori dal comune, Vilhena vede la porta molto bene ed ha un tiro da fuori efficace e preciso, che lo rende un giocatore pronto per i maggiori campionati europei.
Punto fisso del Feyenoord di Rotterdam, è a 18 anni da poco compiuti uno dei prospetti più interessanti del panorama calcistico internazionale, tanto da spingere i maggiori club europei a visionarlo durante le partite di Eredivisie e nel corso dell’Europeo Under21 in cui l’Olanda ha ben figurato.
Emre Can, turco-tedesco classe ’94, è uno dei prodotti del settore giovanile del Bayern Monaco. Centrocampista centrale poliedrico, unisce doti d’impostazione ad un fisico imponente, che fa di Can un ragazzo di sicuro avvenire. Progressivamente inserito in prima squadra, il giovane talento di passaporto tedesco è considerato uno dei futuri protagonisti con la maglia bavarese.
Convocato anzitempo in Under21, Can ha avuto modo di farsi apprezzare durante il torneo appena chiusosi in Israele. L’approdo di Pep Guardiola sulla panchina del Bayern, dicono i ben informati, ha riempito di gioia il talentino di origini turche. Lavorando quotidianamente con il tecnico catalano, Can conta di affinare le meravigliose qualità che madre natura gli ha regalato.

In un calcio che fa della rapidità e dei movimenti senza palla il suo cardine, è vitale avere un giocatore che mantenga la calma, che sappia mettere il pallone dove vuole. Un uomo in grado di dettare i tempi del gioco e degli inserimenti; che sappia valorizzare il lavoro di preparazione al match fatto in allenamentoI grandi club del Vecchio Continente l’hanno capito, la corsa “all’oro” è cominciata. 

1 gennaio 2014

Kushe Hugo, ciao Enyinnaya

Impossibile dimenticare quella bordata che ha battuto Peruzzi dopo pochi minuti, eppure sembra essere passato un secolo. Il nigeriano Enyinnaya ha salutato il calcio che conta un paio di anni fa, ma non dimenticherò mai quella partita in coppia con Cassano. Le prodezze di due ragazzi, di due giovani calciatori, misero in ginocchio una boriosa e presuntuosa compagine nerazzurra, che si apprestava a toccare il fondo con clamorosa rapidità. Volevo iniziare l'anno così, e tmw mi ha dato l'occasione di farlo, ricordando il piccolo e veloce centravanti colored:

Il 18 dicembre 1999 è una data importante per il calcio italiano, poiché "nasce" la stella di Antonio Cassano. A soli 17 anni si mette in luce con la maglia del Bari segnando un gol da favola che regalò ai pugliesi una vittoria all'Inter: stop al volo di tacco, pallone avanti con la testa, dribbling a Blanc e Panucci e destro a superare Ferron. Gesta incredibili che trascinarono tutte le luci dei riflettori andarono su di lui, eclissando tutto il resto, compreso un altro gol, favoloso, che segnò il suo compagno di reparto, colui che venne schierato a sorpresa come il "Pibe di Bari" da Eugenio Fascetti, per le assenze in contemporanea di Osmanovski e Masinga: parliamo di Hugo Enyinnaya.

Quella sera al San Nicola fu proprio quel giovane nigeriano, che all'attivo aveva a malapena una manciata di minuti in Serie A, ad aprire le danze con uno straordinario tiro da 40 metri. Poteva essere il primo di una lunga serie di magie, per l'allora diciottenne. Fu invece l'unica serata di gloria, ironia del destino oscurata dalla nascita di uno dei migliori talenti italiani di un decennio che ormai era alle porte.

Nato a Warri, sud della Nigeria, nel maggio del 1981, Ugochukwu Michael Enyinnaya lascia il suo Paese nel 1998 per approdare in Belgio, al Molenbeek. Sebbene giovanissimo riesce a ritagliarsi subito uno spazio, segna 6 reti in 20 partite. Lo nota l'allora direttore sportivo del Bari Carlo Regalia e per appena 200 milioni di lire lo porta in Italia. Il primo approccio col nostro Paese è quanto meno singolare: il giocatore sceglie di dormire per terra perché i materassi italiani sono troppo morbidi. Inizialmente gioca per la Primavera, lui ha fisico e numeri decisamente superiori per i pari età. Si racconta che abbia percorso 200 metri in 22 secondi netti. Un risultato notevole già di per sé, che però Enyinnaya aveva ottenuto correndo scalzo. Poco ci vuole per entrare in Prima squadra: l'esordio col Torino, l'occasione con l'Inter quando i due attaccanti titolari sono fuori. Ugochukwu, soprannominato a Bari per comodità "Ciccio", se la gioca benissimo e tira fuori dal cilindro quella parabola incredibile che supera niente meno che Peruzzi. Le immagini lo vedono correre felice verso la bandierina, prima di essere travolto dall'affetto dei compagni di squadra: l'emozione è tale che per un attimo Enyinnaya ha un mancamento. Realizza subito che quel gol può avergli cambiato la vita. Non sarà così.

Fascetti per tutta la stagione gli concede fiducia, fino a quando la sua tenuta fisica regge: si alterna con gli attaccanti più esperti e riesce a segnare un altro gol. La stagione successiva può essere quella dello slancio invece si rivela un disastro: problemi fisici e stagione balorda della squadra portano a un bottino di zero reti e alla retrocessione in Serie B. E mentre Antonio Cassano prende la via di Roma per 60 miliardi di lire il buon Ciccio scende in B: le strade dei due giovani talenti si dividono e con direzioni decisamente diverse. Enyinnaya fatica anche in cadetteria, 9 presenze e un gol. Viene prestato al Livorno, dove segna alla seconda apparizione a venti secondi dal suo ingresso in campo, ma anche in Toscana la rete solo illusoria: saranno 17 gettoni e 2 gol. Fa ritorno a Bari e viene girato al Foggia, in C1: altro declassamento, altro flop. Ritorna al mittente ma il Bari non ci crede più, non gli rinnova il contratto ed Enyinnaya a 23 anni è disoccupato.

È il 2004 e Ciccio va in Ungheria per un provino col Debrecen, gli propongono un triennale ma Enyinnaya, a sua detta mal consigliato, rifiuta. L'ex Udinese e Brescia Marek Kozminski, presidente del Gornik Zabrze, lo chiama con sé: Ciccio va in Polonia, ma dopo qualche mese non vede un centesimo, non si adatta ed è vittima del razzismo dei tifosi polacchi, che arrivano a lanciargli addosso banane. Ma visto il suo curriculum in perenne discesa c'è da prendere quello che viene e le squadra successive saranno Lechia Zielona Gòra e Odra Opole, sempre Polonia, ma seconda divisione. Il livello stavolta è talmente basso che Enyinnaya gioca con continuità e segna anche. Ci rimane fino al 2008.

Dopo un lungo periodo senza squadra per Enyinnaya si ripresenta a gennaio del 2009 la possibilità di tornare in Italia. Niente palcoscenici prestigiosi, niente professionismo: si deve scendere in Eccellenza laziale, all'Anziolavinio. In estate si sale in Lombardia, il nigeriano si accasa al Meda. Cassano è alla Samp e ha trovato il partner perfetto in Pazzini; Enyinnaya deve accontentarsi di Gianfranco Apicerni, un passato al reality "Campioni, il sogno" e un futuro da tronista di "Uomini e Donne". Lo scenario già deprimente si chiude col fallimento della società e la conseguente ricerca di una nuova squadra.

L'ultima tappa italiana è a Zagarolo: sempre più sperduto nella provincia italiana balla per una sola stagione. Sufficiente per chiudere tutto. È il 2011 ed Enyinnaya se ne torna in Nigeria. Mentre Cassano vince lo scudetto col Milan un anno dopo aver portato la Sampdoria in Champions League. Incredibile, ripensando a quel 18 dicembre 1999.

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