Esperto di Calcio

11 dicembre 2014

Nè investimenti nè bilanci. E' l'icompetenza il problema del nostro calcio

La fine del Group Stage di Champions League è un momento di riflessioni e valutazioni. Volenti o nolenti è un primo spartiacque stagionale, specie per big europee che hanno il dovere di provare a vincere il più ambito e fascinoso torneo continentale.
Come spesso capita da qualche stagione a questa parte, il bilancio per noi italiani è agrodolce, ma ci sono motivi per sorridere, a seconda che si voglia vedere il bicchiere mezzo pieno o meno. Io sono una persona positiva per natura, e penso che dopo il fallimento del Napoli ai Play-off le nostre squadre ci abbiano dato di che sorridere, nonostante rimanga solo la Juventus nel massimo torneo continentale. Certo, sarebbe sciocco dire che il nostro calcio è tornato ai fasti di alcuni anni fa, ma credo che per quello ci vada molto tempo. Servono pazienza e programmazione, togliamoci dalla testa che il problema siano i soldi, i fatturati e i bilanci. Sono solo puerili scuse dietro cui i dirigenti sportivi provano a nascondere i propri fallimenti, che magari tali non sono. Perdere fa parte del gioco, a volte occorre semplicemente accettare che l'avversario sia stato più bravo o che sfortuna e circostanze avverse hanno posto fine all'esperienza in quella competizione.
Pazienza e programmazione, si diceva, ma anche tanta competenza. Se è vero che viene dato poco spazio agli italiani, fin dai settori giovanili, è altrettanto vero che non siamo più così bravi ad acquistare all'estero. Anni fa riuscivamo a portare nel Bel Paese giovani talenti, che nel nostro calcio si affermavano come vere stelle del firmamento mondiale. Fare il nome di Ronaldo, acquistato dall'Inter a fine anni '90, sarebbe fuorviante. E allora vi dico Batistuta, Amoroso, Veron, Bierhoff, Thuram e Trezeguet. E ancora, Crespo, Shevchenko, Mutu, Claudio Lopez, Javier Zanetti, Cordoba, Samuel, Salas, Adriano e Kaka. Molti di questi pagati poco o molto poco, valorizzati e amati per anni negli stadi dello stivale.

Dire che il nostro sistema calcio è morto, che siamo l'anello debole dell'Europa è qualunquistico. Sì, è vero, abbiamo dei problemi. In primis non sforniamo più talenti a raffica, come accadeva solo una decina di anni fa. A fine anni '90 avevamo l'imbarazzo della scelta in tutti i ruoli, faticavano a trovare posto giocatori che oggi sarebbero delle colonne in azzurro. Penso a Montella, Roberto Baggio, Chiesa e Signori davanti, Panucci e Materazzi in difesa, Di Matteo, Tommasi e Dino Baggio in mezzo. I nostri talenti si mischiavano a giovani stranieri dalla classe cristallina, che quando rivendevamo finanziavano il nostro mercato calciatori, favorendo l'approdo di calciatori affermati ed altri giovani campioni.
Oggi, invece, le squadre tendono a investire poco e male. Reduci dai bagordi di metà anni duemila, le grandi italiane hanno provato a risanare i bilanci. Non comprare non si è rivelata la soluzione, poichè il grosso dei club si è trovato schiacciato dai debiti in cui essi stessi si erano infilati, favorendo la proliferazione di pesantissimi contratti pluriennali. E' solo nelle ultime due stagioni che si è ricominciato a investire, ma lo si è fatto male ed il trend sembra lontano dall'essere invertito.
Numeri alla mano, le nostre squadre spendono e non poco. La Roma, solo quest'anno, ha investito per più di 58 milioni di euro, a fronte di un ricavo di 34. La Juventus ne ha spesi 36 abbondanti con un ritorno di 27 scarsi, il Napoli quasi 22 con un rientro di 16. Le milanesi, che gioco forza son quelle che hanno subito di più il colpo, hanno speso più di 12 milioni di euro. L'anno precedente le cifre sono ancora più inquietanti. Il Napoli ha speso più di 100 milioni di euro, ricavandone 73; la Roma 75 con un ottimo ritorno di 118. La Juventus 34 a fronte di un 48 milioni di ricavo, mentre le milanesi avevano ancora sperperato. Quasi 60 milioni sul mercato spesi dai nerazzurri, a fronte di un ricavo minimo di 9; 35 milioni per il Diavolo, che aveva venduto per 17.

Insomma, non è un problema di quantità negli investimenti, ma di qualità. Sono pochissimi i giocatori forti e giovani che sono stati acquistati dall'estero, ancor meno quelli a buon mercato. Pogba è una sorta di totem, tutti gli altri acquisti sono folli, tanto dall'estero quanto nel mercato interno. Alcuni esempi: 11 milioni di euro per la comproprietà di Giovinco, 30 per Iturbe (girati al Porto, non al Verona), 20 per Hernanes, 6 (più il cartellino di Cassano) per la comproprietà di Belfodil, 5 per Rafael Cabral e 20 per Balotelli. 
Ecco spiegati i problemi del nostro calcio e dei nostri dirigenti sportivi. Le stesse somme si sarebbero potute investire per acquistare talenti, veri, dall'estero. Penso a ragazzi come Emre Can, Depay, Digne, Draxler, Meyer, Halilovic, Munain, Ocampos, Vilhena, Oliver Torres, Yesil. Ragazzi su cui investire nel tempo, accanto ad alcuni dei nostri talenti, perchè ne abbiamo. I vari Barba, Improta, Verre e Bernardeschi meritano un'occasione, e quando son stati chiamati in causa hanno sempre risposto presente. Berardi, Zaza, Rugani, Crisetig e Belotti stanno conquistando posti di rilievo, e solo alcuni di loro sono in orbita di un grande club, che ad oggi non ha comunque puntato forte su di loro. O cambiamo mentalità o continueremo a raccontarci favole e favolette su quanto i problemi siano economici. 
Crisi è una parola che in Italia piace tanto, prima smettiamo di usarla prima ne usciremo. 

0 comments:

Posta un commento

Twitter Delicious Facebook Digg Stumbleupon Favorites More