Esperto di Calcio

29 maggio 2014

Storie di calcio: merci monsieur Zidane

Non penso di aver mai visto nessuno con la sua classe. Certo, ci sono stati campioni come Maradona e Pelè, George Best e Johan Crujiff, ma nessuno di loro appartiene davvero alla mia epoca. Diego, o come è giusto chiamarlo "El Dies", l'ho appena sfiorato. Ho fatto in tempo a vederlo buttarci fuori da un Mondiale, urlare "hijo de puta" durante il nostro inno ed incantare Napoli. Ma ero piccolo, troppo per capire cosa effettivamente fosse il calcio. Il mio ricordo più nitido di Diego è quel goal alla Grecia, una gemma che rimarrà per sempre scolpita nella mia mente.
Per tutte queste ragioni il giocatore con più classe che io abbia mai visto viene dalla Francia. Avrei potuto nominare Roberto Baggio e Alessandro Del Piero, che per motivi diversi hanno rappresentato delle vere istituzioni con il numero 10 sulle spalle. Roberto è stato però il prototipo dell'attaccante perfetto, capace di giocate sopraffine ed un'innata freddezza sotto porta. Alessandro è stato il capitano, il condottiero. Ma il giocatore di maggiore eleganza risponde al nome di Zinedine Zidane.

Potremmo spendere fiumi di parole sulla sua infanzia. In tanti hanno fatto congetture continue sulle sue origini berbero algerine; o sulla sua infanzia al porto di Marsiglia. Io non penso che sia il caso, è importante solo sapere dove ha sviluppato la sua classe e dove ha forgiato il suo carattere, fondamentale nel corso della sua carriera.
Zidane aveva un modo ci toccare il pallone tutto suo. Accarezzava la sfera con il destro o il mancino con una delicatezza naturale, a tratti disumana. Zizou faceva con i piedi quello che una persona normale riesce, forse, a fare con le mani. E soprattutto non è mai stato un narcisista in campo. Spesso i grandi campioni si piacciono, cercano di fare i "numeri" per il puro gusto di farli, per far vedere la propria forza. Il primo è stato probabilmente Edgar Davids, suo compagno ai tempi della Juventus; oggi sono Cristiano Ronaldo e Neymar l'emblema del futbol bailado. Zidane non è mai stato così. Ha sempre incantato in campo, ma non ha mai ecceduto per il puro gusto di farlo, anche se avrebbe potuto. Eccome se avrebbe potuto.

Nato da una coppia di algerini musulmani, il suo vero nome è Zineddin Lyazid Zidan, ovvero "bellezza della religione". Cresciuto nel mito di Francescoli, Zidane ha da sempre combinato le sue grandi passioni: il calcio e il judo. Per le strade di Marsiglia affina la tecnica e perfeziona il controllo di palla, fino a farlo diventare perfetto. I pari età non riescono a stargli dietro, Zidane combina una classe pazzesca ad un fisico imponente. I primi ad accorgersene sono gli osservatori del Cannes, che vanno dal giovane fantasista e lo blindano con un contratto da professionista. Zidane aveva appena 15 anni.
Il numero 10 ha talento, se ne sono accorti tutti. Ad allenare il Cannes c'è un pirenaico, Guy Lacombe. E' stato un centravanti di buon livello, i suoi titoli li ha vinti, e soprattutto sa riconoscere un talento. E Zidane rientra a pieno titolo in questa categoria.
Gli bastano pochi mesi per convincere tutti che lui, nel settore giovanile, è sprecato. A 16 anni esordisce in Ligue 1, giocando 10 minuti contro il Nantes. Di lì in avanti è una escalation continua, fino a trascinare i biancorossi in Coppa Uefa, nel 1991.
Zizou, come lo chiamano ormai tutti in Francia, non è più una meteora. Il calcio transalpino si è accorto di lui. A dargli l'occasione giusta, nel 1992, è un suo concittadino, Rolland Courbis. E' lui a convincere i dirigenti del Bordeaux ad acquistarlo. La scelta si rivelerà una delle più azzeccate di sempre, sia dal punto di vista tecnico che economico.
Con la maglia dei girondini Zidane cresce di partita in partita. Si trasforma da giocatore bello in centrocampista universale, capace di ricoprire tutte le zone del campo. Certo, nella trequarti offensiva è un maestro, un vero asso. Insieme a Dugarry e Lizarazu forma quello che ancora oggi viene ricordato in Francia come "il triangolo di Bordeaux", tre giocatori meravigliosi che convincono gli osservatori di mezzo mondo ad andare allo stadio Chaban-Delmas. Qui si trovano gli osservatori di Milan e Juventus. I rossoneri scelgono Dugarry, che in Italia fallirà decisamente; i bianconeri puntano sul franco-algerino.

La Juventus lo acquista nel 1996 per una cifra importante, 7,5 miliardi di lire. Arriva a Torino in punta di piedi, sceglie la maglia numero 21 e inizia l'inserimento. Le difficoltà iniziali portano i media a bocciare il suo acquisto, ma nel giro di qualche settimana Zidane zittisce tutti. Tira fuori dal cilindro giocate impossibili anche solo da pensare per giocatori normali, incanta il Delle Alpi e l'Italia intera con la sua visione di gioco e i suoi tocchi delicati.
Più gioca e più cresce come uomo e come giocatore. I suoi dribbling sono eccellenti, ancor più del suo controllo di palla. Ripropone con disarmante regolarità un movimento, quello che in Italia viene chiamato "veronica" e che il cagliaritano Gianfranco Zola ha mostrato a tutti. Zidane fa lo stesso, ma con più classe ancora ed una struttura fisica diversa. Questo ragazzo di 185 centimetri danza quasi sul pallone, le sue Adidas Predator sembrano un prolungamento della sua pelle, del suo piede.
La fama con la maglia della Juventus va di pari passo con i successi del club e della Nazionale. Lippi e Jacquet non si sognano neppure di lasciarlo fuori, perdonandogli anche qualche scatto d'ira. Di base Zidane è un giocatore corretto, prende tante botte e si fa rispettare. Difficile vedere un suo gesto antisportivo o violento, ma di tanto in tanto "gli parte l'embolo". Ai Mondiali del '98 viene squalificato per aver camminato su di un saudita, in risposta ad una provocazione subita. In Champions, contro l'Amburgo, colpisce con una testata un avversario, rompendogli lo zigomo. Zidane è sempre stato così, un fuoriclasse in campo ed un carattere forte. Non è uno che alza la voce o fa scenate, ma ogni tanto commette un errore. I suoi allenatori lo capiscono, lo conoscono, e lo perdonano. Lui li ripaga con successi e gloria.
Con la Juve vince praticamente tutto, sfiorando per due volte la Champions League che lo vedrà grande protagonista con la maglia merengue. Con la Francia alza al cielo di Parigi la Coppa del Mondo; due anni più tardi l'Europeo, in una finale thriller con l'Italia di Zoff.



Nel 2005 il suo tempo a Torino è finito. Tante, troppe persone hanno additato la responsabilità sulla moglie, spagnola d'origine e "amante del mare". A Madrid e, a meno di strani coinvolgimenti geografici, nella capitale iberica il mare non c'è. Con la casacca blanca giocano però campioni assoluti, di livello mondiale. Zizou vuole unirsi a loro per dare l'assalto alla Champions League.
La leggenda vuole che a fine campionato Zidane sia andato da Moggi e gli abbia detto: "voglio andar via, se volete rimango ancora un anno ma poi vado via alle mie condizioni". Moggi gli ha ovviamente risposto, "no, vai via ora alle nostre". Florentino Perez sborsa 150 miliardi di lire per portarlo a Madrid e dargli la casacca numero 5, un numero inedito per un centrocampista favoloso. Zidane lo nobiliterà non poco.
L'amore fra il pubblico del Bernabeu ed il marsigliese è istantaneo. Un colpo di fulmine strega i tifosi merengue quando vedono Zizou accarezzare il pallone.
Al primo anno con il Real, però, la maledizione Champions sembra continuare. In semifinale è la Juventus del vecchio maestro Lippi e degli amici Del Piero e Davids ad eliminarlo. "Zidane l'amore è cieco" scrivono i tifosi, con un chiaro e inequivocabile riferimento a Pavel Nedved. Zidane segna al Delle Alpi il goal della speranza, ma torna a centrocampo con la testa bassa. Evidentemente l'amore per la Signora non è del tutto svanito.
I grandi campioni, però, scrivono la storia. E così, in una bella sera primaverile di Glasgow, Zidane ha per sempre iscritto il suo nome all'albo delle leggende. Non lo ha fatto tanto alzando la Coppa, ma realizzando una rete meravigliosa, da fuoriclasse assoluto. Palla alta, arcuata, praticamente morta. Ha saputo coordinarsi da fermo, inarcare la schiena, preparare il tronco e con la gamba dare una frustata al pallone. Non poteva che insaccarsi alle spalle del portiere, sotto la traversa. Non poteva che essere la rete decisiva.



Una sua prodezza avrebbe potuto decidere anche la finale del Mondiale 2006. Già, quello a cui non doveva partecipare. Nel 2005 aveva detto addio alla Francia, ma a furor di popolo è stato richiamato per la rassegna tedesca. A 34 anni Zidane è stato ancora il migliore della Francia, indossando la fascia di capitano e risultando decisivo.
In finale la Francia soffre, soprattutto nel primo tempo. Dopo il vantaggio di Malouda e il pari di Materazzi, siamo noi ad avere le migliori occasioni. Thuram fatica a tenere lo strapotere fisico di Toni; serve qualcuno di classe e carisma per risvegliare i transalpini. Herny mette la velocità e la fisicità, Zidane il carisma e la testa. Ai supplementari soprattutto. Nel corso del primo tempo supplementare sfugge a Gattuso e si avventa come un falco su un cross proveniente da destra. L'incornata di Zizou è perentoria, il pallone si stacca dalla sua testa come una pietra da una fionda. Buffon risponde da campione, e pagherei oro per sapere cos'ha urlato Zizou in un misto di francese e algerino dopo la parata di Gigi.
Nel secondo tempo l'episodio cruciale, quello più dibattuto della sua intera carriera. Il gesto è violento, inaccettabile. Il rosso è sacrosanto, la reazione di Domenech è più ridicola del suo modo di allenare e gestire lo spogliatoio, i francesi ai Mondiali 2010 se ne accorgeranno a loro spese.
Si sono spesi fiumi di parole sul perchè di quella reazione, ma a me non interessa. Io voglio ricordare lo Zidane giocatore, quello che in campo si muoveva con la grazia di un cigno e la cattiveria agonistica dello scorpione. La sua immagine mentre esce dal campo, accanto alla coppa del mondo, è una di quelle che hanno segnato la soria del calcio. Da quel momento in avanti salutava uno dei dieci calciatori più forti di tutti i tempi, Zinedine Zidane.

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