Esperto di Calcio

16 dicembre 2013

Storie di calcio: in the name of the father, l'Old Firm

In the name of the father

I derby non sono partite come le altre, lo sappiamo tutti. Alcuni, però, si trasformano nel giro di pochi istanti in vere e proprie guerre, sportive e ideologiche. E’ il caso del SuperClasico argentino, ma ancor di più dell’Old Firm, una partita che non potrà mai e poi mai essere come le altre. Rangers e Celtic rappresentano due ideologie, due modi di vivere la Scozia, la religione, l’esistenza. Un odio radicato con antichissime origini, che risalgono al XVI secolo, quando Enrico VIII pose un veto alla Chiesa Romana dopo un aspro confitto matrimoniale. Rotti i ponti col papato, il sovrano britannico divorzia da Caterina di Aragona, ricevendo per tutta risposta la scomunica papale. Il 1532 è l’anno della scissione che sancisce il distacco della Chiesa Anglosassone da quella Romana.
L’odio sportivo ed ideologico che intercorre fra cattolici e protestanti, in Scozia, ha dunque origini antichissime, radicate nello scisma anglicano voluto da Enrico VIII non meno di 500 anni fa.

La Gran Bretagna è la patria del Football, la culla delle squadre di club. La Premier League è il campionato più prestigioso al mondo, ma accanto ad esso si svolgono partite di pari intensità. In Scozia il calcio è fede, una ragione di vita. In una città come Glasgow, spaccata in due fazioni, il club significa appartenenza sociale e religiosa. A Glasgow la rivalità sportiva è incentrata su due squadre di straordinario blasone: il Celtic e i Rangers. Cattolici contro protestanti, un odio viscerale che si trasforma in una più che centenaria rivalità sportiva. Le due “old firm” scozzesi, da sempre le squadre più ricche e blasonate di Scozia, insieme vantano qualcosa come 98 Scottish Premiership, numeri da far impallidire qualsivoglia compagine al mondo. Da una parte ci sono i cattolici del Celtic, dall’altra i protestanti dei Rangers. I tifosi del Celtic, convinti indipendentisti, si oppongono da sempre agli unionisti dei Rangers per una partita di calcio che, più che un derby, è una “guerra” politico-religiosa.

Con queste premesse il derby di Glasgow diventa un momento cruciale nella vita scozzese. Ibrox e Celtic Park sono stadi bellissimo, dove si respira quell’atmosfera british che ha secondo me qualcosa di unico. Un’impressionante macchia di colore, canti a squarciagola, incitamento fino all’ultimo istante. E’ grazie al tifo, al pubblico, se gli inglesi non mollano mai, fino all’ultimo secondo. Il loro calcio non è il più bello, è meno tattico del nostro, meno divertente di quello spagnolo e decisamente meno tecnico di quello sudamericano. Eppure la “carogna” agonistica che ci mettono è lodevole, rende interessante anche un calcio meno tecnico e più agonistico, fatto di traversoni, tackle, lanci lunghi ed interventi ruvidi.

Solitamenet Rangers e Celtic non hanno un appeal formidabile, il campionato scozzese è considerato un pochino al di sotto rispetto alle altre leghe europee. Ecco allora che in Scozia hanno trovato fama e gloria calciatori che altrove son passati o passerebbero inosservati. E’ stato il caso dei nostrani Annoni e Marco Negri, Lorenzo Amoruso e Massimo Donati; oggi dell’istrionico “bomber” greco Samaras, uno che al City ha messo a segno la pochezza di 8 reti in 55 apparizioni. Eppure Il pomeriggio del 26 Novembre 2000 vanno in campo due squadre decisamente forti, con individualità importanti.

I Rangers, squadra per cui ho un debole da sempre, hanno in panchina il guru olandese Dick Advocaat, coach il cui palmares parla da solo. I suoi Rangers sono una squadra compatta, forte, che può contare su di una difesa solida. In porta Stefan Klos; in difesa Numan, Konterman, Lorenzo Amoruso e Wilson, una linea a quattro che garantisce esperienza e sicurezza. A centrocampo Albertz e l’americano Reyna affiancano l’ex Ajax Ronald de Boer e Barry Ferguson, capitano scozzese tutto cuore a cui scorre nelle vene whiskey invecchiato in botte al posto del sangue. In avanti il gigante norvegese Tore Andre Flo e il bad boy di Edimburgo, Kenny Miller. Cresciuto nell’Hibernian, la punta scozzese sarà uno dei tre giocatori ad indossare nel corso della carriera entrambe le casacche, accettando la corte del Celtic nel 2006, dove milita un solo anno prima di redimersi e tornare all’ovile.

Il Celtic è invece guidato dal nordirlandese Martin O’Neill, un manager dalla mentalità offensiva, capace di esaltare la stella della squadra, un attaccante svedese di straordinario talento. Nello speculare 4-4-2 la linea difensiva vede in porta Douglas, da sinistra a destra Agathe, Boyd, Valgaeren e Mjallby, tutta gente nel giro della propria nazionale. A centrocampo Thompson e Moravcik supportano l’olandese Bobby Petta ed il bulgaro Stiljian Petrov, una vera istituzione nel suo paese. Davanti il “lungo” Sutton ed il vero fuoriclasse della squadra, dell’intero campionato scozzese direi: Henrik Larsson. Capelli rasta, velocità da scattista e goal nel sangue, Larsson è stato uno degli attaccanti più forti negli ultimi vent’anni. Zlatan Ibrahimovic, l’unico svedese a superarlo in qualità e goal, ha detto di lui nella sua biografia: “L’idea di giocare in Nazionale con Henke mi esaltava”. Non è un caso che Larsson abbia vinto una Scarpa d’oro e che dopo i 174 goal con la maglia del Celtic abbia giocato, e vinto, con il Barcelona ed il Manchester United.

Con queste premesse la partita di Ibrox non poteva non essere eccelsa, emozionante. La vivacità delle due squadre, il dinamismo degli attori in campo infiamma il pubblico. Le squadre, subito lunghe, attaccano e si scoprono, favorendo lo spettacolo. Un lancio di Amoruso, dopo pochi istanti, coglie impreparata la difesa del Celtic. Valgaeren si abbassa, Douglas la manca e Miller ha la palla giusta per il vantaggio. Cadendo all’indietro il centravanti calcia alto di qualche centimetro, scatenando un boato nei sessantamila di Ibrox. L’occasione scalda gli animi sugli spalti e soprattutto in campo, dove gl’interventi si fanno progressivamente più ruvidi. Albertz e Thompson fanno scintille, Barry Ferguson sale di tono. Il capitano s’infila bene e riceve palla da de Boer, sulla corsa ha bruciato il marcatore e si presenta davanti al portiere, trafiggendolo con un piatto destro. Il capitano è scatenato, pressa e corre come un forsennato. Quelli del Celtic non lo tengono, ma lo maltrattano per bene. Dopo un tackle ruvidissimo è lo stesso Barry a calciare la punizione, mancando di pochissimo lo specchio della porta.

Il primo tempo si chiude sull’1-0 ed il Celtic scende in campo nella ripresa più determinato che mai. Ovviamente è Larsson a riequilibrare il match, girando di testa su calcio d’angolo. La conclusione è perfetta e vanifica il tuffo di Klos, che non riesce nemmeno a sfiorare. Gli animi, a questo punto, si surriscaldano ancor di più. Ibrox nonostante il pareggio dimostra perchè io lo abbia considerato uno stadio speciale e trascina i propri beniamini. I Ranger rispondono mettendo sotto gli odiati cugini e trovando il nuovo vantaggio in men che non si dica. Su calcio d’angolo viene colpita una traversa e Tore Andre Flo si avventa sulla seconda palla come un falco sulla preda, insaccando con un calcio volante la porta del Celtic.

Le squadre si equivalgono e i ritmi son forsennati. Thompson, ammonito nel primo tempo per un fallaccio su Barry Ferguson, bissa l’impresa. Secondo giallo e doccia immediata per lui, che taglia le gambe ai suoi. Ferguson, privo di marcatura, spadroneggia letteralmente. Con un’azione solitaria spacca la difesa e mette in porta Flo. Il norvegese prova a beffare Douglas con un colpo sotto, non proprio la specialità della casa, ma si fa stoppare sul più bello. Sull’angolo susseguente è Ronnie de Boer a trafiggere con un colpo di testa, correndo a prendere l’abbraccio del suo pubblico. L’olandese non è un idolo come Ferguson, ma il goal nel derby ti fa diventare ben presto un beniamino. L’abbraccio degli scozzesi è quasi soffocante, la maglia di de Boer scompare per un momento, ma poi riappare il suo faccione noto, sorridente, compiaciuto della rete che vale probabilmente il match. Il Celtic è in ginocchio, ma i Rangers attaccano e lo fanno a pieno regime.

Nessuna pietà, è un dogma nell’Old Firm. Kenny Miller sale in cattedra, ubriaca i suoi marcatori e con una veronica si libera per calciare. Il tiro è forte e teso, Douglas salva sul suo palo una rete che sarebbe stata bellissima. Ancora angolo, ancora goal. Stavolta è Lorenzo Amoruso a realizzare il goal del 4-1, ancora di testa, nuovamente su calcio piazzato. Ibrox carica ancora di più i giocatori in campo, vuole la goleada. Il Celtic è tramortito, i Rangers scatenati. Douglas è preso d’assedio, e Kenny Miller vuole a tutti i costi il goal. Dopo un paio di miracoli viene pescato in area da Albertz, si allunga quel tanto che basta per insaccare il quinto goal e zittire fino al ritorno i cugini.

Nello scrivere dell’Old Firm provo un po’ di tristezza, di nostalgia. Dopo una storia più che centenaria, nel 2012, i Rangers falliscono e la sentenza è come una mannaia: terza serie. Mezza Glasgow è in festa, il resto in lacrime. Ma cosa si deve festeggiare? La bellezza dello sport è la competizione. La forza su cui si regge il calcio, specialmente quello scozzese, è la rivalità fra due ideologie ancor prima che fra due squadre. l'Old Firm, come viene chiamato da queste parti mancherà a tutti. Agli abitanti della città, agli scozzesi e a tutti gli amanti del calcio. E’ stata una rivalità difficile da comprendere, contenente al suo interno sentimenti ed emozioni, storia e passione. Solo vivendo la città e appartenendo ad una fazione politico-religiosa sarebbe possibile comprendere il vero significato che sta dietro a questo derby. Nessun'altra partita al mondo è così permeata di significati, nemmeno i duelli sudamericani, Argentina o Brasile che sia.

I Rangers rappresentano, economicamente, la tradizione; il Celtic incarna i valori della novità, raccoglie fra le sue fila coloro i quali hanno sposato l'unionismo, un'ideologia che spinge la Scozia al rafforzamento dei rapporti con la vicina Irlanda.
I campionati che il Celtic ha portato e porterà a casa con estrema facilità non avranno consistenza. Alla storia passeranno come titoli legittimi, ma il valore sul campo sarà relativo. L'Old Firm è il campionato scozzese, non si può prescindere da esso. Specialmente ora che le due tifoserie avevano spostato la rivalità da un piano animato e violento ad uno sportivo.

Gli scozzesi son un popolo forte e fiero, che si piega ma non si spezza. Ce lo ha mostrato chiaramente Sir Walter Scott in Ivanhoe; e ancor più ardentemente Mel Gibson, nel suo Braveheart. Niente di più vero, i tifosi dei Rangers hanno dato una lezione a tutti noi. Non si sono pianti addosso, hanno indossato sciarpa e maglietta e, come sempre, si sono presentati ad Ibrox. 49.118 spettatori hanno incitato ed acclamato i propri beniamini nella facile vittoria contro l'East Stirling, una squadra che quasi nessuno al mondo avrebbe mai conosciuto se non fosse stato per questa partita. La strada verso la gloria è ancora lunghissima, ma senza derby di Glasgow il campionato di Scozia non ha senso di esser seguito. Cara Scottish Premier League, see you next Old Firm.

0 comments:

Posta un commento

Twitter Delicious Facebook Digg Stumbleupon Favorites More