Esperto di Calcio

26 dicembre 2013

Storie di calcio: il "taconazo" di Redondo e le magie madrilene ad Old Trafford

E' stato uno dei match più incredibili della mia carriera: il gol di Raùl dopo il colpo di tacco di Redondo è stata una delle giocate più belle che ho visto su un campo di calcio”.

Pierluigi Collina, arbitro nella serata inglese, racconta una delle giocate più straordinarie che l’intera storia del calcio abbia regalato. Un numero francamente impensabile, inimmaginabile. Solo un campionissimo assoluto poteva concepirla, solo un giocatore con un’intelligenza calcistica ben oltre il normale. Fernando Redondo, quella sera, era in ottima compagnia, ma è stato certamente la stella più lucente, in grado di abbagliare la retroguardia dello United e meritarsi gli applausi di Old Trafford, uno stadio non certo facile da soddisfare quando non indossi una casacca rossa.
Tecnica, visione di gioco, precisione e dribbling. Sono queste le caratteristiche che deve avere un grande regista di centrocampo. Andrea Pirlo e Xavi Hernandez rappresentano, in tal senso, due istituzioni. Sono i giocatori che più di ogni altro incarnano le doti che un mediano che gioca davanti alla difesa deve avere. Sono completi, impostano e difendono; sanno far partire l’azione da dietro o verticalizzare in profondità; sono in grado di mettere in porta il compagno in mille modi e maniere. Tecnicamente eccelsi, offrono un ventaglio di soluzioni ampissimo. Non sono solamente dei costruttori di gioco, Pirlo e Xavi rappresentano per le loro squadre e i loro allenatori il fulcro del gioco. Danno poesia al gioco, creatività ed imprevedibilità; e, cosa più importante, sono capaci di sbloccare una partita. Con un assist o un goal su calcio piazzato non importa, sono decisivi. E’ questa la tipologia di giocatore a cui si ispira ogni ragazzo che gioca in quel ruolo. Il mediano davanti alla difesa è forse il ruolo che più è mutato nel corso del tempo.

Se quindici anni fa andavano in voga dei giocatori che fossero un vero e proprio schermo davanti alla difesa, oggi si cerca un centrocampista in grado di impostare il gioco, capace di costruire una manovra imprevedibile, fatta di possesso palla o improvvise verticalizzazioni. Difficile trovare una squadra europea che schieri in quella posizione calciatori con le caratteristiche di Marcel Desailly, Roy Keane, Stefan Effenberg, molto più semplice trovare dei registi di qualità. Pensiamo a Pirlo e Xavi, ma anche a Verratti, Xabi Alonso, Joao Moutinho o Ramsey. Al regista davanti alla difesa sono richieste grandissime capacità d’impostazione e organizzazione, più importanti rispetto al gioco aereo o alla forza. Ecco allora che anche le squadre più fisiche si affidano a centrocampisti che, seppur diversi, danno del “tu” al pallone. Sto parlando di Yaya Tourè, Gündoğan o Khedira, centrocampisti che fanno della tenacia e della corsa armi formidabili, ma che posseggono comunque fondamentali di qualità. In un calcio fisico e veloce come quello di oggi, sembra paradossale che si privilegi un centrocampista piccolo e compassato ad un atleta prestante e veloce. Ma a ben vedere è perfettamente sensato, perchè un metronomo è indispensabile. Proprio in un calcio che fa della rapidità e dei movimenti senza palla il suo cardine, è vitale avere un giocatore che mantenga la calma, che sappia mettere il pallone dove vuole. Un uomo in grado di dettare i tempi del gioco e degli inserimenti; che sappia valorizzare il lavoro di preparazione al match fatto in allenamento.

Questa sorta di rivoluzione filosofica è iniziata nella seconda metà degli anni ‘90, con l’argentino Fernando Redondo. E’ quindi il Real Madrid a fungere da spartiacque, dando le redini della squadra al centrocampista albiceleste, che guida la “Casa Blanca” al doppio successo in Champions League. Di certo Redondo non è stato il prima regista del calcio moderno, ma è stato il giocatore che più di ogni altro ha modificato il modo di stare in campo di una squadra. Da lì in avanti si è capito che, per vincere, avere in campo giocatori di prima qualità non poteva che essere un vantaggio. Il calcio spagnolo, fatto di possesso palla e grande tecnica, ha spinto il resto d’Europa a rivedere il modo di stare in campo ed i giocatori a cui affidare le chiavi del gioco.

Redondo, sfortunatissimo con la maglia del Milan, ha toccato il suo punto più alto nella serata di Manchester. Le note dell’inno della Champions stimolano i grandi campioni e il regista albiceleste quel giorno si è svegliato con un solo pensiero in testa: dare spettacolo. Fin dai primi minuti prende possesso del centrocampo, dominando al cospetto di calciatori come Beckham, Giggs e Scholes, non proprio i primi arrivati sulla scena europea. Al fischio di Collina le squadre partono alla pari, specie dopo lo 0-0 del Bernabeu. Le squadre si presentano con le formazioni migliori possibili. Ferguson schiera tutti i suoi talenti, affidando le sorti offensive della squadra ai “calipso boys”. Del Bosque sceglie di schierare l’argentino Savio ed Ivàn Campo, un capellone spagnolo baciato dalla fortuna nella sua carriera. In avanti la solita coppia, Raùl e Morientes con il “ribelle” Anelka inizialmente in panchina. Ricordo bene l’elettricità che si respirava nella notte inglese, con lo sguardo severo di Stam e la grinta di Roy Keane a guidare i “Diavoli Rossi”; e la casa blanca che si presenta in maglia nera, con lo sguardo fiero del torero Raùl a guidare i compagni.

Com’è semplice immaginare la partita si snoda sul filo dell’equilibrio, con le due compagini che si studiano, si temono e si preparano a colpire. La tensione è palpabile, sembra quasi una partita a scacchi, giocata nel frastuono di Old Trafford, uno degli stadi più belli del mondo. La chiave del match è a centrocampo, dove il Real prende con Redondo il sopravvento. Ma non si gioca solo nella zona nevralgica del campo, le fasce sono essenziali. Lo United può schierare Giggs e Beckham; il Madrid si difende con Salgado e Roberto Carlos, due dei più offensivi terzini che io abbia mai visto. Salgado si trasforma in ago della bilancia, contenendo Giggs e scendendo con regolarità nella metà campo inglese. A cavallo del primo quarto d’ora di gioco il primo punto di svolta. Salgado semina il panico sulla destra e mette il pallone in mezzo. Roy Keane interviene per anticipare Morientes, ma beffa il suo estremo difensore e porta in vantaggio gli spagnoli. E’ una doccia fredda per lo United, che in virtù dello 0-0 di Madrid deve ora vincere per sperare di passare il turno. Ecco perché Ferguson carica i suoi, li sprona e chiede loro di attaccare e attaccare.

Giggs si scrolla di dosso la marcatura di Salgado e inizia a macinare dribbling e cross. Da uno di questi nasce una bella occasione, ma il colpo di testa di Cole trova le manone di Casillas. Roy Keane mette a dura prova la marcatura di Ivàn Campo e combina molto bene con Dwight Yorke. Il centrocampista irlandese si presenta così davanti a Casillas e calcia in scivolata per anticipare il ritorno di Karanka, che si rivela preziosissimo. Il portiere iberico salva di nuovo i suoi e non offre al capitano dello United la redenzione che avrebbe meritato. Gli inglesi ci credono e a fine tempo producono il massimo sforzo, andando di nuovo vicinissimi al goal su azione d’angolo, ma il colpo di testa di Yorke finisce appena alto.

Nella ripresa il canovaccio tattico non cambia, ma stavolta il Real decide di ripartire velocemente. A cinque minuti dall’inizio del secondo tempo McManaman recupera palla e lancia Raùl. Il numero 7 controlla con il tacco, si avvicina all’area accarezzando il pallone e punta Silvestre, ex interista mai rimpianto a Milano. La finta di corpo dell’attaccante iberico è strabiliante, Silvestre perde il tempo e Raùl calcia col suo educato piede sinistro. La traiettoria della palla è perfetta e la sfera s’insacca alle spalle di Van der Gouw. La rete taglia le gambe allo United, che entra in una fase di confusione generalizzata. Roy Keane ha di nuovo la palla giusta, davanti alla porta sguarnita. Dal centro dell’area però il capitano irlandese calcia malissimo, con il corpo tutto all’indietro. Il “piattone” è ovviamente sballato e finisce in tribuna, mettendo a dura prova i sempre propositivi tifosi di casa. Redondo approfitta alla perfezione della confusione e giganteggia, fino a quando decide di entrare a far parte della storia del calcio. Sulla sinistra si trova di fronte a Berg, che sembra averlo chiuso. Il capitano madrileno fa scudo con il corpo e inventa un colpo di tacco sensazionale, che spiazza il terzino norvegese. Scatto imperioso e testa subito alta, per vedere ancora Raùl al posto giusto al momento giusto. Ovviamente lo 0-3 è una formalità, che consente a tutto lo stadio di tacere per un secondo buono, ancora incredulo dinnanzi alla giocata del campione argentino. Ricordo perfettamente il sobbalzo che ho fatto sul divano, e che faccio tutte le volte che rivedo quella giocata, probabilmente la più incredibile e geniale dell’intera storia del calcio.



A questo punto il match ha detto tutto cosa doveva dire, il sussulto d’orgoglio dello United ha reso solo meno amara la sconfitta, ha ricordato ai tifosi britannici che il verbo “arrendersi” non fa parte del vocabolario di un manager come Ferguson e di giocatori come Keane, Giggs e Beckham. Di fronte ad un Redondo ed un Raùl così, però, c’è solo da fermarsi ed applaudire.

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