Esperto di Calcio

2 novembre 2013

Storie di calcio: Juventus-Parma e quel passaggio di testimone fra Roberto e Alex

L’asse del potere, in Italia, sembra essere cambiato. Juventus, Milan ed Inter sono da sempre il centro di gravità del nostro movimento calcistico. A cavallo fra la fine degli anni ’80 e l’inizio degli anni ’90 a dominare è il Milan. I rossoneri, di Sacchi prima e Capello poi, vincono senza troppi problemi diversi campionati.
All’indomani del secondo posto Mondiale, però, l’asse del potere sembra cambiare. La Juventus, affidatasi a Marcello Lippi, torna a fare paura. Il Milan, sempre sotto la guida di Fabio Capello, si concentra prettamente sulla Champion’s League, permettendo l’inserimento di nuove realtà. Da un paio d’anni c’è una squadra che gioca un bel calcio e scala posizioni. Si tratta del Parma di Nevio Scala, una squadra quadrata, solida, che esprime un calcio piacevole e frizzante.
Eccezion fatta per la Coppa dalle grandi orecchie, che il Milan perderà in finale contro l’Ajax a Vienna, Juventus e Parma daranno vita ad una sfida a trecentosessanta gradi lungo tutta la stagione. Scudetto, Coppa Italia e Coppa Uefa sono monopolizzate dalle compagini di Lippi e Scala, che il 21 Maggio si trovano di fronte allo Stadio delle Alpi.

I bianconeri di Lippi sono una squadra bella ed offensiva, che si schiera con un 4-3-3 molto offensivo. Il cervello del centrocampo e della squadra è un portoghese dal passo lento ed il piede fatato, Paulo Sousa, affiancato dallo straordinario transalpino Didier Deschamps. La difesa, seppur povera di nomi altisonanti, è un vero e proprio bunker; mentre l’attacco si affida agli italiani Roberto Baggio, Gianluca Vialli e Fabrizio Ravanelli. In rampa di lancio, poi, un giovanissimo Alessandro Del Piero, che pian piano rosicchia spazio al numero 10 della Nazionale, che a fine anno lascerà la Signora per il Diavolo rossonero.
I gialloblu di Scala non sono una squadra di grande tradizione. Approdato nella massima serie nel 1990, il Parma ha ben presto scalato posizioni al vertice del sistema calcio nostrano. La passione e i soldi di Callisto Tanzi fanno la differenza; le competenze tecniche di Nevio Scala accelerano il processo. I leader della squadra sono giocatori di grande livello, con alle spalle esperienze a livello internazionale. La difesa è composta da numerosi reduci del Mondiale americano: Bucci, Minotti, Apolloni e Mussi, a cui si aggiunge l’astro nascente del calcio portoghese, Fernando Couto. A centrocampo la stella è Dino Baggio, strappato alla Juventus a suon di miliardi. In avanti una coppia tutta estro e fantasia, composta dal potente colombiano Faustino Asprilia ed il meraviglioso talento sardo, Gianfranco Zola.
Durante l’anno le due squadre giocano davvero bene, duellando fino all’ultimo istante. In un caldo pomeriggio di Maggio, a Torino, va in scena l’ultimo atto di una sfida bellissima. I bianconeri di Lippi, vincendo, si laureerebbero campioni con due turni d’anticipo; il Parma non vuole fare la figura della vittima sacrificale, specie perché ci sono una finale di Coppa Italia ed una di Coppa Uefa da giocare.
Proprio per questa sfaccettatura penso che la partita di Torino sia stata particolarmente significativa. Non per il sonoro 4-0 dei padroni di casa, ma per la partita a scacchi fra Lippi e Scala. I due tecnici, finalmente sulla cresta dell’onda, si studiano e si osservano. Sanno benissimo di non poter scoprire le proprie carte, almeno non tutte. Fra i due quello con maggior margine di manovra è Scala, che nella trasferta in terra piemontese ha tutto da guadagnare e nulla da perdere. Lippi, invece, doveva portare a casa uno Scudetto che mancava da troppo tempo per una società del calibro della Juventus.

Il caldo di quel pomeriggio torinese lo ricordo bene. La mattina, sull’asfalto del campo dell’oratorio, non si parlava d’altro. I bambini, come me, avevano negl’occhi le grandi giocate degli uomini zebrati. La rovesciata di Vialli con la Cremonese, le punizioni di Roberto Baggio, le sgroppate di Ravanelli e i primi acuti del giovane Del Piero. Ricordo che in città si respirava un’aria particolare. Lo Scudetto era vicino, tanto quanto la cessione di Baggio. Il rapporto fra lui e Lippi, si diceva, non era idilliaco. Del Piero cresceva a vista d’occhio ed il numero 10 di Caldogno aveva tanti estimatori, primo fra tutti il Parma di Scala. Ecco perché quel Juventus-Parma non poteva essere una partita come le altre.
Sul campo poco da dire. I bianconeri giocano a mille all’ora, disputando forse la partita più bella della stagione. Scala, in panchina, prende appunti. Scrive sul suo taccuino i movimenti difensivi della linea a quattro di Lippi, analizza nei minimi dettagli i tagli dei tre uomini d’attacco della Signora. Il Parma gioca sereno, senza paura. Attacca e lascia spazi alla Juventus per andare veloce in contropiede. All’undicesimo minuto Roberto Baggio recupera palla sulla trequarti difensiva, alza la testa e vede il movimento in profondità di Ravanelli. La difesa del Parma, salita per sfruttare un caldio d’angolo, è del tutto impreparata. Il bianco centravanti s’incunea e riceve un pallone delizioso, calciato con l’esterno da uno dei giocatori più forti della storia del calcio. Ravanelli stoppa, sterza e manda a vuoto Minotti. Dal limite scocca un tiro forte e preciso, che s’insacca alle spalle di Luca Bucci. Penna Bianca Ravanelli corre di gioia, alzando la sua maglia brandizzata “Danone” sopra la testa.

Il Parma continua a giocare spensierato, come se non ci fosse un campionato in ballo. Al trentasettesimo minuto è Ravanelli a servire in profondità Roberto. L’intelligenza calcistica superiore del Divin Codino gli consente di aver già visto il movimento a rimorchio di Didier Deschamps. Baggio lo serve con un colpo di tacco. Deschamps ringrazia e calcia di prima, raddoppiando per la Juventus e scrollandosi di dosso i primi difficili sei mesi italiani, segnati da un brutto infortunio al tendine d’Achille.
Nel secondo tempo la partita ha poco da dire sul piano del risultato, ma Scala vuole lasciar sfogare la Juventus per studiare le contromisure che applicherà poi in finale di Coppa Uefa, portando al trionfo europeo i parmigiani per la prima volta nella storia.
Al sessantacinquesimo Ravanelli recupera palla davanti all’area di rigore, a testimonianza del grande lavoro che Lippi chiede ai suoi attaccanti. Il numero 11 serve Roberto Baggio, che alza lo sguardo e con un piatto destro suggerisce per Luca Vialli. Il numero 9 ringrazia, stoppa e fa due passi dentro l’area di rigore, scoccando un tiro incrociato di sinistro. 3-0.
Il Parma ha tirato i remi in barca e quattro minuti più tardi ancora Ravanelli cala il poker, con un tocco ravvicinato su cross di un Vialli rigenerato. I minuti finali non sono altro che una passerella per i neocampioni d’Italia e l’occasione per un definitivo passaggio di consegne. Al minuto 82’, infatti, Marcello Lippi richiama in panchina Roberto Baggio. Il giusto tributo per una partita ed un campione straordinario, ma allo stesso tempo un messaggio chiaro. A subentrare al Divin Codino è un certo Alessandro Del Piero, ormai il ragazzo su cui Lippi ha deciso di costruire la sua Juventus.

Non so dire se quella sia stata una scelta del tutto giusta o sbagliata, probabilmente nessuno lo saprà mai dire. Ciò che posso affermare con certezza, senza alcun rimpianto, è che sono felice che nella squadra della mia città abbiano giocato due campioni assoluti. Roberto Baggio è stato il giocatore che mi ha convinto a scegliere la Juventus, a tifare per la Vecchia Signora. Lo ricordo come fosse ieri, durante un allenamento al “Comunale”, Roberto si avvicinò ad i cancelli. Mi guarda e mi fa l’occhiolino, facendomi toccare il pallone con cui si stava allenando. Avevo 7 anni, ero in prima elementare, e quel giorno ho fatto diventare matte le mie maestre. Per l’intera giornata ho parlato solo di quel piccolo gesto di Roberto, che per me era qualcosa di unico.

Del Piero rappresenterà per sempre qualcosa di unico, lo capirete.

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