Esperto di Calcio

29 settembre 2013

Storie di calcio: l'ottavo re di roma, Francesco Totti

Francesco Totti è ed è stato un grande campione. Personalmente l'ho sempre un pò visto come un "nemico" di Del Piero, e prima del 2006 non sono mai riuscito ad amarlo a dovere. Dopo il Mondiale, però, ho capito quanto dovessi avere rispetto e ammirazione per un grande campione. Se dovessi scegliere fra Alex e Francesco, sceglierei il capitano bianconero, ma questa è un'altra storia. Totti merita rispetto, applausi e ammirazione. Per festeggiare i suoi 37 anni, di successi e goal, ecco un interessante articolo. Fantagazzetta, nella persona di Elio Goka, ripercorre la sua carriera, a partire da quel benedetto cucchiaio ad Euro 2000, che lo ha reso una star.

Dal Memento su Euro 2000

LIEGI, 10 GIUGNO 2000. L’undicesima edizione dei campionati europei vede sedici squadre ammesse alla fase finale dell’europeo.

ARNHEM 11 GIUGNO 2000. Dopo la partita d’esordio tra Belgio e Svezia, vedente vincenti i padroni di casa, è la volta dell’Italia, che si vede contrapposta la Turchia del futuro interista Hakan Sukur. La formazione italiana messa in campo da Zoff è priva però di Gian Luigi Buffon. Il portiere titolare della nazionale azzurra deve infatti rinunciare per un infortunio alla mano occorso nel test pre-europeo contro la Norvegia qualche giorno prima dell’avvio della competizione. Una grossa perdita per gli azzurri che devono sostituire il giovane portiere parmense con Francesco Toldo. La gara è sulla carta piuttosto abbordabile, ma non sul campo. La Turchia è squadra insidiosa: al gol di Conte risponde un acuto di Okan Buruk e solo una difesa granitica e un rigore discutibile finalizzato da Inzaghi al 70esimo fanno portare a casa i 3 punti a capitan Maldini e compagni. Nella seconda gara invece, nonostante l’avvio incerto con i turchi, gli azzurri conquistano con un turno di anticipo la qualificazione, a spesa proprio dei padroni di casa del Belgio con i gol di un giovane Francesco Totti e di Stefano Fiore.

EINDHOVEN 19 GIUGNO 2000. L’ultima gara del girone, disputata in Olanda, vede la formazione italiana rimaneggiata, avendo ormai già ottenuto la qualificazione, opposta alla cenerentola del girone, la Svezia di Henrik Larsson, ancora in corsa per la qualificazione al secondo posto. Nonostante la formazione ampiamente rivoluzionata, gli uomini di Zoff riescono ad ottenere la terza vittoria su tre gare, battendo anche gli svedesi con gol di Di Biagio e Del Piero nei minuti finali del match. In mezzo il pareggio svedese proprio ad opera del giocatore simbolo, Larsson, il quale assieme ai compagni dovrà lasciare anticipatamente la competizione. Nell’altro incontro è invece la Turchia ad avere la meglio contro un Belgio deludente e rinunciatario. Turchi avanti 2 a 0 grazie alla doppietta di Hakan Sukur e padroni di casa sorprendentemente eliminati. La situazione negli altri gironi è come da pronostico tranne che per il gruppo A. L’Inghilterra e la Germania, favorite, vengono sorprendentemente eliminate dal Portogallo di Luis Figo e del bomber Nuno Gomes che fa da padrone del girone, vincendo tutte e tre le gare. Ma ancora più sorprendente è il secondo posto della Romania che, dopo aver fermato la Germania all’esordio, riesce nell’impresa di battere l’Inghilterra nell’ultima partita del girone, al termine di un incontro mozzafiato: rumeni avanti 2 a 0 con un giovanissimo Cristian Chivu e gol del più navigato Muntenanu; pareggio inglese con Alan Shearer e Owen nel giro di cinque minuti. Agli inglesi basterebbe il pareggio per passare come seconda ma ad un minuto dalla fine dei tempi regolamentari viene fischiato un rigore a favore dei rumeni, trasformato da Ganea. Inghilterra fuori assieme ad una deludente Germania, che, nonostante quattro anni prima avesse alzato il trofeo continentale, si accomoda all’ultimo posto del girone con un solo punto. Il gruppo C si conclude senza sorprese, primo posto della Spagna e secondo della Jugoslavia a scapito di Norvegia e Slovenia. Emozionante l’ultima partita del girone che vede proprio gli iberici opposti agli slavi. Finisce 4 a 3 in favore degli spagnoli, dopo che le Furie Rosse perdevano 3 a 2 fino al 90esimo ed erano matematicamente eliminate dal girone. Pareggio su rigore di Mendieta e gol vittoria di Alfonso al 95esimo. Anche nel gruppo D nessuna sorpresa, passano il turno Olanda e Francia, nonostante il duro girone, che le aveva viste contrapporsi la Repubblica Ceca di Nedved e Poborsky finalista quattro anni prima e la Danimarca, vincitrice dell’europeo del 1992.

BRUXELLES 24 GIUGNO 2000. L’euforia nelle case italiane è grande: girone dominato, tre partite su tre vinte, e complice anche un quarto di finale abbordabile, gli azzurri cominciano a sognare. A sbarrare la strada a Zoff c’è la rivelazione del torneo, la Romania. L’ex portiere della nazionale e campione del mondo è guardingo e non sottovaluta per niente l’avversario, ritenuto dai media alla nostra portata. La partita è a senso unico. L’Italia riesce a trovare il vantaggio grazie a Totti e dieci minuti dopo a raddoppiare con Inzaghi. Nel secondo tempo la nazionale si limita a controllare il risultato e arriva così al triplice fischio dell’arbitro la qualificazione alla semifinale. La festa è però rovinata da un bruttissimo fallo di Hagi ai danni di Conte, il quale deve lasciare la comitiva azzurra. È un brutto colpo per la squadra, che perde così uno degli uomini più in forma del torneo. Gli altri quarti si concludono senza sorprese. Con un impressionante 6 a 1 la schiacciasassi Olanda distrugge Milosevic e compagni e si candida prepotentemente come favorita dell’europeo. Ed è proprio l’Olanda l’avversario degli azzurri….

AMSTERDAM 29 GIUGNO 2000. L’Amsterdam Arena è una bolgia, un girone infernale colorato di arancione. Una semifinale dell’europeo, una partita da dentro o fuori con i favoriti, sale la tensione, le squadre entrano in campo. Questi i primi ricordi che ho di quella partita, una delle prime partite che ho guardato e che mi hanno fatto avvicinare al mondo del calcio e innamorare di questa nazionale, di questa casacca azzurra . Le squadre entrano in campo: esplode lo stadio. L’avvio dell’Italia è timido, impacciato. Complice il tifo avversario che funge da 12esimo uomo e la strepitosa condizione atletica degli Orange, è la squadra olandese a fare la partita. Partita che si complica ulteriormente al 33esimo, quando Zambrotta viene espulso per due ammonizioni guadagnate nel giro di pochi minuti. Partita in salita per l’Italia quindi: 10 contro 11 in casa di una delle avversarie più temibili dell’europeo. La squadra di Rijkaard domina l’incontro, va più volte vicina al gol ma grazie al catenaccio della difesa italiana non riesce a finalizzare le numerose occasioni create. Il pressing olandese è asfissiante e al 40esimo del primo tempo l’arbitro Merk fischia un calcio di rigore in favore dei padroni di casa. Ed è qui che sale in cattedra Francesco Toldo. Il portiere di Padova, secondo di Buffon, non sa ancora che questa sarà la giornata più lunga e importante della sua carriera. Sul dischetto và Frank De Boer, specialista dei calci piazzati. Il boato dello stadio, rincorsa, tiro, un attimo di silenzio...PARATO !!! Lo stadio è ammutolito.
Solo uno sparuto gruppo di tifosi italiani urla a squarciagola e tira un sospiro di sollievo. Toldo ha appena compiuto il suo primo miracolo. Non sarà l’unico della partita. Si va negli spogliatoi, si ritorna in campo e dopo un quarto d’ora secondo rigore per l’Olanda. Questa vola dal dischetto si presenta l’ex milanista Kluivert, capocannoniere del torneo. Toldo non para, ma la palla si stampa sul palo. Partita maledetta per gli Olandesi che nel giro di venti minuti sprecano due rigori. L’Italia, ringrazia la dea bendata, prova a ripartire in contropiede per affondare la corazzata olandese ma non riesce nell’intento. Nonostante il grosso contraccolpo psicologico subito, Kluivert e compagni non si scompongono e reggono la timida reazione italiana. Si va ai supplementari, le squadre sono distrutte, ci si trascina in campo e si disputano i trenta minuti di supplementare con lo spettro del golden gol. Uscire così sarebbe terribile per entrambe le squadre. Per l’Olanda, dominatrice dell’incontro e per l’Italia che nonostante l’uomo in meno e il tifo avversario è riuscita ad arrivare fino a quel punto, ad un passo dalla finale. Il triplice fischio dell’arbitro sancisce la fine della partita e l’inizio della lotteria dei rigori. Toldo fino a quel momento perfetto si supera e compie altri due miracoli. Para il secondo rigore a Frank De Boer e dopo avere visto quello di Stam volare alto sopra la traversa, para anche l’ultimo rigore olandese a Bosvelt. I cecchini italiani non sbagliano: prima Di Biagio e Pessotto realizzano i primi due rigori, poi Totti spiazza Van Der Sar con quel colpo che verrà ricordato come “cucchiaio”. È finale! Dopo anni di anonimato in campo europeo, l’Italia può bissare il successo ottenuto nel 1968, 32 anni dopo l’unica finale disputata. Avversario l’odiata Francia di Zidane e Henry sbarazzatasi del Portogallo nell’altra semifinale.

ROTTERDAM 2 LUGLIO 2000. A due anni di distanza da quel afoso pomeriggio di luglio, dove le speranze mondiali italiane si infransero sulla traversa all’ultimo rigore tirato da Di Biagio, l’Italia ha, come nei più impensabili film thriller, l’occasione per vendicarsi. Italia - Francia è un inedita finale europea. Mai le due squadre si erano trovate davanti in una finale, ma nei cuori italiani brucia ancora la sconfitta ai rigori nel quarto di finale del mondiale francese. Tutto è pronto. Le due squadre scendono in campo in un De Kuip Stadion gremito di gente. La formazione italiana parte leggermente sfavorita nei pronostici, anche se i bookmakers dopo la vittoria contro i padroni di casa Olandesi hanno ridotto le quote. Dall’altra parte una Francia favorita, che dopo il successo mondiale vuole assolutamente anche il titolo europeo per una personalissima “doppietta”. Ma è la formazione italiana a fare la partita. Il match viene interpretato bene dagli azzurri che non si limitano a subire come con gli olandesi ma impostano la manovra e spaziano su tutto il fronte d’attacco. Il primo tempo finisce però a reti bianche, l’Italia, nonostante la superiorità espressa non riesce a trovare la via del gol. Gol che però è nell’aria. Dopo soli dieci minuti dall’inizio della ripresa, Totti, con un pregevole colpo di tacco, smarca Pessotto: il terzino della Juve crossa per Del Vecchio che solo davanti a Barthez non sbaglia. 1 a 0 per gli azzurri e sogno che comincia a diventare realtà. La squadra è carica, si difende ma riparte anche bene. Del Piero potrebbe assestare il colpo del K.O al 60esimo ma spreca davanti al portiere francese calciando a lato. Totti è in giornata: confeziona assist su assist che gli attaccanti là davanti sprecano, prima Del Vecchio, poi di nuovo Del Piero. La partita è agli sgoccioli, il 90esimo è scoccato, gli urli di gioia stanno per esplodere dalle gole di centinaia di migliaia di tifosi italiani, migliaia di bandiere stanno per essere sventolate in piazza ricolme di gente: sembra un sogno. Ma è un sogno destinato a diventare un incubo. Negli ultimi secondi la Francia trova l’inaspettato pareggio con Wiltord, subentrato ad uno spento Dugarry, con un rasoterra angolato che supera Toldo. È l’inizio della fine. Gli urli vengono ricacciati in gola e sostituiti da mesti silenzi, le bandiere smettono di sventolare. La delusione ha preso il sopravvento. Si va ai supplementari. L’Italia subisce il pesante contraccolpo psicologico. È in balia della Francia e al 103esimo capitola. David Trezeguet, futura stella juventina, punisce la squadra italiana con un gol agli sgoccioli della fine del primo tempo supplementare. È il golden gol che manda la Francia in paradiso e l’Italia all’inferno. Una beffa per tutti i tifosi azzurri che come me avevano assaporato la vittoria finale. Una beffa per i giocatori italiani, che si erano conquistati la finale con la fatica e il sudore. Le lacrime scendono dai volti attoniti dei tifosi, Zoff va a consolare i ragazzi in campo, seduti per terra increduli della beffa subita. Purtroppo è il gioco del calcio, un gioco divertente, accattivante, ma a volte anche amaro e crudele.

Dal Memento sullo scudetto della Roma nel 2001

Al novantesimo campionato di Serie A tutte le piu' grandi squadre si presentano rinnovate e pronte ad affrontare una nuova esaltante stagione. La Lazio campione in carica conferma il blocco vincente e ingaggia in attacco la coppia argentina Crespo e Claudio Lopez rispettivame nte da Parma e Valencia.

TORINO, 6 MAGGIO 2001. A sei giornate dalla fine al Delle Alpi la Roma fa visita alla Juventus con sei punti di vantaggio, e' la gara che potrebbe riaprire i giochi scudetto ma anche quella che li potrebbe chiudere.
Dopo 6 minuti Del Piero e Zidane portano la Juventus gia' sul 2-0 e i bianconeri sembrano controllare agevolmente la gara. Capello a quel punto compie l'ennesimo capolavoro tattico dalla panchina inserendo a inizio ripresa Montella e Nakata per gli evanescenti Del Vecchio e Totti nella speranza di ribaltare il risultato. Il finale della partita e' di quelli thriller: al 79' Nakata accorcia le distanze e al 91' Montella approfitta di una parata imperfetta di Van der Sar per ribattere in rete e il pallone e siglare il clamoroso 2-2 che manda in estasi gli oltre 8000 tifosi giallorossi giunti a Torino quella sera. La corsa per lo scudetto è game over, resta da raggiungere solo la certezza matematica.

ROMA, 17 GIUGNO 2001. All' Olimpico la Roma affronta all'ultima giornata il Parma. Chi sperava in clamorose debacle all'ultima giornata vede subito deluse le proprie speranze: il magico trio Totti-Montella-Batistuta distrugge gli emiliani e la rete di Di Vaio nel finale non cambia l'esito: Roma campione d'Italia. La clamorosa debacle all'Olimpico all'ultima giornata sarebbe avvenuta 11 mesi dopo nel piu' famoso dei 5 Maggio.
Antonioli in porta, la rocciosa difesa sudamericana Aldair-Samuel-Zago; gli stantuffi inesauribili Cafu e Candela sulle fasce; Tommasi, Cristiano Zanetti ed Emerson ad alternarsi alla guida del centrocampo; Totti, Batistuta e Del Vecchio in attacco con Montella che quando gioca timbra sempre in rete: la Roma sogna e fa sognare i propri tifosi.

Con la vittoria della Roma chiude i battenti una stagione tra le piu' emozionanti e discusse.
Nell'intervallo di Juventus-Atalanta la dirigenza juventina comunica ad Ancelotti il suo licenziamento nonostante i 144 punti raccolti in due stagioni. La triade aprira' un nuovo ciclo con il Lippi bis e dopo aver ceduto Inzaghi al Milan, il deludente Van der Sar in Inghilterra e soprattutto Zidane al Real Madrid, portera' a peso d'oro a Torino un big per ruolo: Buffon-Thuram-Nedved-Salas.
L'Inter esce dalla stagione a pezzi ed esonera Tardelli per Cuper, la maledizione continua. La Fiorentina dopo l'esonero in corso di Terim conclude la stagione con la conquista della Coppa Italia. Sulla panchina viola debutta un giovanissimo allenatore destinato a fare strada: Roberto Mancini.
Oltre a Roma e Juventus in Champions League vanno anche la Lazio (che durante l'anno aveva sostituito Eriksson con Zoff) e il Parma (via Malsani per Sacchi prima e Ulivieri poi). I gialloblu alla terz'ultima giornata colgono un'importantissima vittoria nella decisiva gara di Lecce, il match winner Patrick Mboma non esulta dopo una rete e spiega il suo gesto come forma di rispetto per la drammatica situazione in classifica dei salentini, salentini che pero' all'ultima giornata battendo la Lazio in rimonta con doppietta di Vasari si salvano per il rotto della cuffia. Ad andare in B sono il Bari, il Napoli, il Vicenza e la Reggina che perde lo spareggio salvezza contro il Verona.
Crespo conquista il titolo di capocannoniere con 26 reti dinanzi a Shevchenko, Chiesa e Batistuta.
La stagione europea e' fallimentare per le squadre italiane: in Champions la Juventus viene eliminata al primo turno finendo ultima il proprio girone dietro a Deportivo, Panathinaikos e Amburgo; Lazio e Milan escono nella seconda fase a gironi cosi' nell'edizione che vede la finale di scena a Milano non ci sta nemmeno una squadra italiana ai quarti.
In Coppa Uefa la Fiorentina esce al primo turno contro gli austriaci del Tirol Innsbruck, l'Udinese al secondo turno ai supplementari contro i greci del Paok mentre agli ottavi escono tutte le altre: Roma eliminata dal Liverpool (perde 2-0 a Roma e vince 1-0 in Inghilterra con forti proteste contro l'arbitro), il Parma esce col PSV Eindhoven per via delle reti in trasferta, l'Inter dopo il 3-3 in Spagna perde 0-2 in casa con l'Alaves.

Quella appena raccontata e' stata una stagione ricca di emozioni ma anche di molte perplessita'.
Dalla storia dei Rolex della Roma alle accuse per doping contro la Juventus, dalla Fiorentina e il Napoli che si avviavano inesorabilmente sulla via del fallimento ai debiti di Lazio, Roma, Parma e altre societa'.
I detrattori degli scudetti delle romane sostengono la falsita' dei campionati dimostrata dai debiti, dalle plusvalenze, dalle fideiussioni etc., i detrattori della Juventus sostengono il processo per doping e la cupola che pochi anni dopo sarebbe frantumata con calciopoli.

A noi romantici del calcio quella stagione piace ricordarla per le emozioni regalate dal campo, dai gol di Crespo e dell'implacabile Montella alle giocate di Zidane, dal Perugia dei miracoli ai tiri da fuori di Chiesa, dalle pennellate bresciane di Baggio alle reti decisive di Nakata.
Il calcio infatti prima che delle polemiche arbitrali, che degli scandali finanziari e dei processi giudiziari e' infatti una cosa sola: poesia.





Il Memento del Mondiale vinto dall'Italia nel 2006

DESKTOP.
Gli Italiani vivono il Mondiale tedesco dopo aver assistito ad un burrascoso ribaltone politico. Pochi giorni prima, difatti, Prodi e la sua coalizione avevano battuto Berlusconi ed il centrodestra grazie ad una manciata di voti di scarto alla camera. Il governo si forma, ed intanto infuriano le polemiche e la convulsione politica: il termine "brogli " entra ufficialmente nel gergo popolare quotidiano. Ma la concitazione prevarica anche la politica. Il 16 Giugno viene arrestato, con le accuse di corruzione, associazione a delinquere e sfruttamento della prostituzione, Vittorio Emanuele di Savoia. Intanto, si va al referendum: gli elettori respingono il premierato, la devolution ed il Senato federale della Repubblica. Ma calcio e quotidianità, intanto, non esitano a fondersi in un'unica e rovente querelle che da qualche mese è scoppiata - furente - a sconvolgere l'intero universo pallonaro italico: Calciopoli.

PLAY.
Maggio 2006, solo due mesi prima dell'orgasmo nazional-popolare. Intercettazioni telefoniche. Moggi, Pairetto, Giraudo. Decine di partite sotto inchiesta, sei società coinvolte, dieci dirigenti accusati di frode ed illecito sportivo. Dimissioni e sospensioni incalzano. In questo clima arroventato, la Nazionale, a Coverciano, si ritrova per preparare la spedizione mondiale, con Buffon, Cannavaro, e lo stesso Lippi messi pesantamente in discussione dai media.

L'opinione pubblica tanto ricrea, a sfumate tinte, l'immagine d'un bimbo cui è stata rubata la fantasia, e che vegeta, mogio, in uno stato emotivo che taglia la rabbia con grossi margini di malinconia. In quei giorni gli azzurri, nervosi ma responsabilizzati dal Beckettiano clima che li ospita, prevaricano la mera professione calcistica, e diventano dei motivi. La Nazionale diventa l'unico appiglio per milioni di appassionati, l'unico motivo per cui continuare a sognare, tifare, vivere.

Lippi, intanto, deve scegliere. Sceglie di portare con sè Gattuso, reduce da un brutto infortunio: "sarebbero serviti i carabinieri per portarmi via dal pullman". Sceglie Totti, appena tornato a calcare i campi dopo l'entrata assassina di Vanigli di quattro mesi prima. Sceglie Toni a guidare l'attacco, sceglie il giovanile furore agonistico di De Rossi, sceglie l'oriundo Camoranesi, lo stoico Iaquinta, l'eterno Inzaghi.
Una Nazionale tutta fatta d'amore. Una squadra mediterranea. Che sa di tricolore. Di passione, tanto italiana quanto provinciale - nel senso buono del termine - nei visi, nelle parole, nell'essenza stessa dei 23. Impiantata su un gruppo che era nato, anni prima, nell'Under, e che poi era cresciuto, gomito a gomito, nella Nazionale maggiore. Garibaldini, folkloristici, belli, uniti: per sette di loro, è l'esordio ad un Mondiale.

Hannover, 12 Giugno, Italia - Ghana.
Dieci minuti prima di entrare in campo, sto lì con la testa china, cerco il massimo della concentrazione, poi l'allenatore mi dice le ultime cose, già le so, me le ha dette 100 volte. Le ho pensate 1000. Poi c'è il rito, ogni squadra ha il suo, un urlo forte e siamo pronti, adesso ci siamo, adesso andiamo fuori, adesso andiamo a vincere. Fabio Caressa.
Non c'è studio, non c'è tempo per pensare, si comincia. Gilardino sfiora il gol, poi Toni stupra la traversa. Gli Africani tengono, Essien ed Asamoh ci provano. Al 41' Totti, dall'angolo, serve Andrea Pirlo nei pressi del vertice sinistro alto dell'area. Andrea decide di mettere in mezzo forte a giro, Gila si abbassa e la lascia passare. Si gonfia la rete: è il nostro primo gol mondiale.
Nella ripresa non ci chiudiamo, conteniamo e ripartiamo veloci: Buffon, intanto, vigila da maestro.
Entra Iaquinta, al debutto. Irriverente, sciolto, con il tagliente e morbido sguardo che tanto sa delle sue Calabrie. Ed in maniera altrattanto tagliente, ruba palla ad un difensore ghanese, e la appoggia in rete. Finisce sul 2-0 l'esordio Mondiale: ma per i tifosi è ancora troppo poco per soffocare la delusione.

Kaiserslautern, 17 Giugno. Italia - USA.
Abbiamo sofferto con loro e per loro, abbiamo cantato le loro canzoni, abbiamo visto e amato i loro film, abbiamo mangiato i loro panini e indossato i loro jeans, li abbiamo visti volare a canestro e raggiungere la Luna. Ma il calcio è un'altra cosa; nel calcio vogliamo comandare noi! F.C.
Sono in 20 milioni davanti alla TV, per la seconda uscita azzurra contro gli americani. Nelle case, comincia a scatenarsi un motivetto, made in White Stripes, destinato a fungere da colonna sonora di qualcosa che andrà oltre la vittoria: qualcosa di viscerale e simbiotico. Gli USA partono forte. Al 22', però, l'amato poporoppoppopòpò viene bruscamente interrotto da una lieta sinfonia di violino. Pirlo è il liutaio Stradivari, Gilardino lo suona, candido come non mai: il suo colpo di testa in tuffo è una cartolina di Monet.
Tutto troppo bello per esser vero. Il fato lo sa, e sceglie il buon Zaccardo per ripristinare gli aurei equilibri. Il giovane difensore è tanto goffo, nell'autorete, quanto tenera è la reazione dei compagni, che lo rincuorano con un affetto che rasenta quello materno. Rimarrà l'unico gol su azione che prenderemo nell'intero torneo. Ma c'è di più. Le vibrazioni di cui gode De Rossi - che si scioglierà in un dilaniante pianto - diventano un ingenuo gesto che ci mette con le spalle al muro. Un punto portato a casa, una marea di recriminazioni, ma soprattutto un motivo in più, per una certa viscida stampa, per tornare a sferrare il colpo.

Amburgo, 22 Giugno. R.Ceca - Italia.
Il coraggio non è mai stato non avere paura. Le persone coraggiose sono quelle che affrontano i loro timori e le loro incertezze; sono quelle che le ribaltano a loro vantaggio usandole per diventare ancora più forti; negli occhi dei nostri, oggi, forse c'è anche un po' di timore, come sempre quando arrivi a un momento decisivo. Coraggio, azzurri. F.C.
Ci serve la vittoria per qualificarci, ma anche il pareggio potrebbe bastare. Gattuso, cauto e scaramantico, già ha preparato la valigia, Nedved e Lippi s'abbracciano. Poi è proprio l'indemoniato Pavel a dare il La al clamoroso pomeriggio di passione di Gigi Buffon. Il ceko è incontenibile violenza fatta tiratore ambidestro, la sfida personale tra lui e Gigi tanto ricorda quella tra Rocky Balboa e Ivan Drago. Cellulosa e calcio insegnano chi l'ebbe vinta. Nesta si fa male, ed abbandona la contesa: il suo mondiale, per la terza volta consecutiva, finisce anzitempo. Fato incontenibile ed irriverente: al suo posto, in campo, entra colui che scriverà il futuro. Marco Materazzi, che lotta come un leone indomabile, e che, sempre dal fato e dal piede cartesiano di Totti, riceve un cross che tramuta in gol. Il suo primo gol azzurro è un - primo - cenno divino.
Poi arriva, inevitabile, ed a suo modo, la firma del Matusalemme del gol. Solo davanti a Cech - e con Barone, liberissimo, al suo fianco, completamente ignorato come nel più classico degli Inzagol - supera il portiere e scoppia nella smorfia che tuttora continua a propinarci. Eterno, infinito, insostituibile.

Kaiserslautern, 26 Giugno. Italia - Australia.
Oggi siamo esploratori di un continente ignoto. Non sappiamo fino a dove si estende; non sappiamo cosa ci troveremo di fronte. Ma abbiamo delle certezze. Il cammino è ancora lungo, il campo base è alle spalle. Abbiamo lasciato lì le nostre paure. Vogliamo andare avanti. Fino all'Eldorado. F.C.
Lippi ha appena sfuriato la sua tensione repressa contro i giornalisti. E sorprende il mondo intero lasciando Totti in panchina, con Del Piero in campo, all'esordio dal 1'. Guus Hiddink, verso il quale avevamo un enorme debito in sospeso, non si lascia spiazzare. Manda in campo una formazione quadrata e chiusa che difficilmente si lascia ferire. Toni fa a sportellate, Gila incalza, i canguri picchiano come fabbri. Materazzi soffre il clima nervoso del match, e paga in maniera eccessiva un contrasto duro: secondo rosso in 4 match per la nostra spedizione, ed un'infinita passione di biblica memoria destinata a finire bene. Lippi gioca la sua ultima, e fatata carta: Totti.
Che lancia largo, a sinistra, l'uomo della Provvidenza divina: Fabio Grosso. Astuto, dinocolato, osannato dai compagni, guadagna al 95' un rigore destinato ad entrare nella memoria collettiva. Tribolata la scelta del tiratore.
"Chi lo doveva tirà? Io? Se non lo tirava lui...". Queste parole sono di Rino Gattuso. Il 'lui' citato è Francesco Totti. Gelido, sulle spalle e nel cuore ha una nazione intera. Altro che cucchiaio. Il suo tiro è un coltello affilatissimo che ci porta dritti ai quarti. Con tanti saluti a Guus Hiddink che , stavolta, non ci ha fregato. Qualcosa stava cambiando.

Amburgo, 30 Giugno. Italia - Ucraina.
C'è un limite nella vita di uno sportivo, un muro che divide la normalità dall'eccellenza. Può essere un momento o una partita come questa. Se hai la forza di superarlo puoi alzare gli occhi, guardare la luce e pensare di non avere più confini. F.C.
Vigilia del match. Oddo, barbiere improvvisato del gruppo, ed unico giocatore di movimento ancora mai sceso in campo, viene chiamato da parte da Lippi, che gli chiede se si sentisse pronto. Lui risponde di sì. "Allora passa in camera, più tardi, e dammi una spuntatina ai riccoli, per favore". Questo è il gioioso e leggero clima prepartita che si vive in ritiro. Interviene ancora una volta l'ambiguità del destino a rovinarlo. La triste parentesi che Gianluca Pessotto apre nella storia del Mondiale 2006 è tanto morbosa ed avvilente, quanto confortante e vitale è la fine dell'avventura sua, personale, e del gruppo azzurro.
La sfida contro l'Ucraina, insomma, racconta d'un motivo in più per essere combattuta. C'è la consapevolezza d'essere più forti, la rabbia repressa per l'amico sofferente. E Zambrotta questo lo sa. Invocato da Cannavaro due giorni prima del match, arriva il suo gol dopo pochi minuti, alla fine d'un'incontenibile e stupenda azione personale. Buffon tiene, Camoranesi ci prova. E Toni decide ch'è arrivato il suo momento. Bloccato nelle precedenti 4 partite, sigla una doppietta da inguaribile bomber di razza. Poi arriva anche il momento dell'esordio di Oddo. Cui, stavolta, Lippi non chiede di armarsi di forbice e pettine, ma di scarpette e buona volontà.
Le strade italiane cominciano ad animarsi: la semifinale c'attende. Pessotto sta meglio.
Inno alla gioia.


Dortmund, 4 Luglio. Germania - Italia.
Sono 600mila gli italiani di Germania. Alcuni vivono qui da sempre, non hanno mai rinnegato la loro terra. Quanto conta per loro oggi, i nostri giocatori lo hanno capito. Glielo hanno letto negli occhi, in questi giorni, quando si sono fatti abbracciare. Adesso c'è una cosa in più per cui lottare; soprattutto per chi vive qui. Oggi essere italiani, conta di più! Dal Westfalen Stadium di Dortmund, Italia-Germania, l'appuntamento con la storia. Qui c'è il tifo più rumoroso, qui c'è il clima e lo stadio più inglese, qui la Germania non ha mai perso, qui giochiamo contro tutti, fuori casa come di più non potremmo essere! F.C.
Vittoria dopo vittoria, il disincanto degli italiani nei confronti degli azzurri s'è tramutato in zuccherina ammirazione. A risvegliare poi del tutto l'orgoglio nazionale sopito, ci pensano i quotidiani tedeschi, sulle cui prime pagine campeggiano, arroganti, gli sfottò e gli insulsi insulti verso gli italiani "parassiti e nullafacenti".
C'è di mezzo la storia tra Italia e Germania. C'è un'incontenibile voglia di vincere. C'è rabbia. C'è il Westfalenstadion. Un'arena truculenta al cui confronto l'inferno diverrebbe una culla per infante. C'è di mezzo una partita dura ed inenarrabile, che racconta dei pericoli minacciati da Klose e Podolski, d'un Cannavaro che, quel giorno - parole di Lippi - non avrebbe fatto passare manco sua mamma e suo papà.
Ma c'è pure la divina Provvidenza. Sottoforma d'un ragazzo - mio Dio, Fabio Grosso - nato nella benevola Chieti, 29 anni prima, e che, delle sue terre, si porta dietro tutta l'infinita, umana generosità, che si riesce a far sgorgare dalle proprie viscere e dai propri polmoni. Che sigla, al 119', il più stoico ed immaginifico dei gol, servito direttamente dal Dio del calcio, migrato, per una frazione di secondo, nel geniale scarpino di Andrea Pirlo.
Seguito dall'ultimo dei nostri attaccanti ancora non andato in rete. Del Piero, che trova, in quel piattone destro che vìola l'incrocio dei pali, il momento - forse - più alto della sua carriera. Klinsmann è una glaciale stalattite.
Proprio come in un'altra, celebre notte di ben 36 anni prima, sono i supplementari a divenire un'orgia di entusiasmo, ed al contempo un pezzo di storia contemporanea. La voce di Nando Martellini risuona nel cuore pulsante del Belpaese.
Perchè il destino lo sa che la pizza è più buona di Wurstel e crauti. Tutti a Berlino. A vedere se gli spaghetti sono più buoni financo della nouvelle cuisine.


Berlino, 9 Luglio. Italia - Francia.
Appena arrivato in postazione mi sono inginocchiato, ho baciato le cuffie, il tavolo, e ho ringraziato Dio, a mio modo. Poi la tensione ha avuto il sopravvento, e ho cominciato a piangere. Forse ho stabilito un record. Un lungo pianto di quindici minuti, in alcuni momenti intervallato da singhiozzi. Ora sono pronto a cominciare. F.C.

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"E' impensabile che uno se ne vada a dormire, tranquillo, prima di una finale del Campionato del Mondo". M. Lippi.
"Più vedevo Andrea (Pirlo, n.d.r.) che se ne stava lì, tranquillo, più mi faceva una rabbia che lo volevo spaccare in due". R. Gattuso.
"Andiamo, perchè non ce la facciamo più". L. Toni.
"Sentivo il cucchiaino toccare la tazzina, nella merenda del prepartita". D. De Rossi.
"Non toccatela la Coppa, non la guardate, anche se ci passate a fianco". R. Gattuso.

Nessuna introduzione sarebbe meglio della viva voce dei protagonisti di allora. Ciò che accadde in finale è talmente stampato ad inamovibili e chiari caratteri nella nostra memoria collettiva, che si preferisce solo riportare le parole che mai e poi mai cancelleremo dalle nostre menti. Chiudete gli occhi, e provate a ripeterle ad alta voce, e rivedrete tutto, nitido come non mai. E' il nostro recente passato, non solo calcistico.

"Malouda! Calcio di rigore [...] È pronto Zidane......Traversa traversa! Non è gol non è gol..." Fabio Caressa. "È gol, è gol...". Beppe Bergomi. "...Ha segnato Zidane". Fabio Caressa.
"E' stato un mezzo cucchiaio: un loft". F. Totti.
"La rabbia negli occhi". F. Cannavaro.
"È pronto ad andare Pirlo, sul secondo palo... il pallone arriva... GOL! Materazzi! GOL! Materazzi! Siamo ancora vivi!". F. Caressa.
"La giustizia divina, dopo aver commesso parecchi errori nella mia vita calcistica. L'ho dedicato a mia madre. Punto". M. Materazzi.
"Zidane... apre sulla fascia Zidane... Sagnol va al cross...Buffon! Buffon!" F.C.
"Ho messo De Rossi accanto a Gattuso, spostando un pò più in avanti Pirlo". M. Lippi.
"Entro e magari faccio danni". D. De Rossi.
"Loro cercavano di avanzare, avanzare, avanzare. E noi lì, a dare battaglia". F. Cannavaro.
"Eccolallà. Andiamo a casa, ora". D. De Rossi (sul colpo di testa di Zidane, sventato da Buffon).
"Eh no, eh no, eh no! Non si può. Rischia di rovinare una carriera con una testata indecente, Zidane [...] No, non l'ha visto, ma gliel'hanno detto...Rosso per Zidane che se ne va giustamente sotto la doccia, sotto la doccia, sotto la doccia, sotto la doccia!". F.C.
"La violenza era inaudita. E sono insorto". G. Buffon.
"Vai a sapere cosa scatta nella testa d'una persona in questi attimi". M. Lippi.
"Avevo l'incubo dei rigori. Abbiamo preso troppe mazzate". R. Gattuso.
"Lasciami stare". G. Buffon (a Gattuso, prima dei tiri dal dischetto).
"M'ha guardato, con lo sguardo suo, che conosco. Ed ho lasciato stare". F. Totti (sempre su Buffon).
"Come mai Grosso ultimo? Perchè è l'uomo dell'ultimo minuto". M. Lippi.
"Davvero sicuro ?". F. Grosso (a Marcello Lippi).
"Vai tranquillo, Fabio, perchè c'hai portato qua tu". L. Toni (a Grosso, prima del tiro).
"Fabio Grosso... è il quinto rigore...Gol! Gol! E allora diciamolo tutti insieme, tutti insieme! 4 volte: siamo campioni del mondo, CAMPIONI DEL MONDO, CAMPIONI DEL MONDO, CAMPIONI DEL MONDO! Abbracciamoci forte, e vogliamoci tanto bene; vogliamoci tanto bene. Perché abbiamo vinto, abbiamo vinto tutti stasera; abbiamo vinto tutti, amici; abbiamo vinto tutti; abbiamo vinto tutti amici. Guardate dove siete, perché non ve lo dimenticherete mai! Guardate con chi siete, perché non ve lo dimenticherete mai! Pensate all'abbraccio più lungo che una manifestazione sportiva vi abbia mai regalato. Forse uno dei più lunghi della vostra vita! Abbracciatevi forte... Abbracciatevi forte... E abbracciate soprattutto questa meravigliosa squadra... Che ha vinto soffrendo... Che ha vinto come l'Italia non era mai riuscita a vincere. Ai calci di rigore. Contro la Francia, che ci aveva sempre eliminato. Contro i francesi, che ci avevano sempre battuto nelle manifestazioni dal '78 in avanti. E questa volta no. Questa volta abbiamo vinto. E ci prendiamo la Coppa". F.C.

Ci sono molti momenti indimenticabili nella vita d'un uomo. Momenti perfetti, che spesso capitano nel posto perfetto, con le persone perfette, in vite spesso imperfette. Questo fu uno di quelli. Uno di quelli che ti fa capire come, nella sfera perfetta di un pallone da calcio, possa davvero essere rinchiusa quella imperfetta del mondo in cui viviamo.
Ricordiamoci di non dimenticare...E come mai potremmo.

P.S..
"Se vai via ora, t'ammazzo". R. Gattuso (a Marcello Lippi, dopo la vittoria).
"Era normale provare a convincerlo. Ed io c'ho provato, ma non è servito a nulla". R. Gattuso (su Lippi).
Tre giorni dopo, coerente, Marcello rassegnò le sue dimissioni. Rino, Marcello, riprovateci, per favore. Per dimostrare al mondo intero che anche un'emozione unica, prima o poi, può ricapitare. E chissenefrega se era unica.

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