Esperto di Calcio

23 giugno 2013

La parabola di Giaccherini: da "raccomandato" a indispensabile

L'editoriale di Mauro Piro, che riprendo con grande piacere, rispecchia appieno ciò che penso su Giaccherini. Siamo tutti d'accordo che non sia un fuoriclasse, ma ci mette l'anima, sempre. Giocatori così ricordano i Di Livio, i Torricelli, i Gattuso, gente che non avrà piedi da fuoriclasse, ma che non tradisce mai.

Il nuovo capitolo di questa storia che vi raccontiamo, ha inizio il 3 giugno scorso 2013, un lunedì come tanti altri. Cesare Prandelli, tecnico della nazionale italiana, dirama la lista dei convocati che sarebbero stati protagonisti della Confederations Cup. Scendendo fino al reparto dei centrocampisti, si poteva leggere tra i tanti il nome di Emanuele Giaccherini, centrocampista tascabile della Juventus, ancora una volta tra i 23 di Prandelli per un’ importante manifestazione dopo la presenza all’Europeo di Polonia ed Ucraina. Da quel giorno di inizio giugno, aiutate anche dalle condizioni metereologiche non proprio primaverili, sul povero Emanuele Giaccherini da Talla, iniziarono a piovere critiche incessanti. Non nascondiamoci però dietro un dito facendo un rapido balzo sul carro dei vincitori. Anche chi vi scrive ha avuto seri dubbi sulla convocazione dell’ex Cesena. Non tanto per il talento, per l’indiscussa duttilità o per la grinta messe in campo, ma quanto per la resa del calciatore in stagione. L’annata del numero 24 della Juventus, parla da sé: 25 presenze totali in 3 competizioni, di cui 12, la metà, da subentrato. Un po’ pochine viste, ad esempio, le corrispettive presenze di alcuni calciatori tra i preconvocati di Prandelli, protagonisti di stagioni impeccabili.
E’ lì che scatta il pensiero dei 56 milioni commissari tecnici italiani (a cui vanno sottratti i filo juventini nda): “Giaccherini viene convocato da Prandelli solo perché è un calciatore della Juventus (ecco svelato il perché della sottrazione degli juventini ndr)”. Riflessione di piazza accompagnata da un’altra “dotta” constatazione: “Con la maglia del Catania indosso (mero esempio, facilmente sostituibile con mezza Serie A nda), Giaccherini non sarebbe mai stato un calciatore della nazionale”.
23 giugno 2013, altro snodo cruciale della nostra vicenda. Brasile-Italia all’Arena Fonte Nova di Salvador De Bahia. Chi è a realizzare il gol che riapre le speranze azzurre nella gara contro i pentacampeao? Proprio Giaccherini, entrato in campo dopo l’infortunio di Montolivo. Ma non è tanto il gol, sebbene di pregevolissima fattura, a mettere in luce l’ex calciatore del Cesena. A saltare all’occhio è l’ennesima prestazione del numero 22 della nazionale fatta di grinta, corsa, voglia di dimostrare e di stupire. Caratteristiche difficilmente rintracciabili in calciatori che, aiutati da mezzi fisici e tecnici elevati, hanno avuto una carriera spianata nelle massime serie.
Giaccherini no. Lui si è fatto da solo, lui arriva dai campi dove gli spettatori sono poche migliaia e maggiormente formati da parenti dei calciatori. Lui sa che, in ogni allenamento va dato il 200% per essere tra i titolari. Lui sa che ogni partita è quella giusta per dimostrare che quella maglia azzurra, così lontana se solo nel 2008 disputavi il campionato di C2, è più che meritata. E le critiche crollano come un castello di carte al vento quando non sono supportate dai fatti. Giaccherini sta disputando, alla faccia di coloro i quali non credevano nella sua utilità, una Confederations Cup di grandissima caratura. Perché il mondo pallonaro italiano è fatto così: anche uniti sotto un’unica bandiera, quella tricolore, i tifosi non dimenticano mai il loro club, cercando di mettere in luce i calciatori che in stagione indossano la maglia da loro tifata. Ma in estate no, la maglia da tifare è quella della nazionale, quella che Giaccherini può portare a testa alta, facendosi scivolare le critiche di dosso.
E ne siamo certi: Giaccherini farà di tutto per tenersela stretta quella maglia color del cielo, nonostante le critiche.

Di Mauro Piro - Il Calcio Secondo Me

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