Esperto di Calcio

24 maggio 2013

Quando la violenza è rosa

Una settimana fa scrivevo un articolo di risposta  ad un post di Carlo Nesti apparso sul proprio profilo Facebook. Post che è stato cancellato dallo stesso Nesti in quanto si è sentito aggredito verbalmente dai molti arbitri e calciatori che gli facevano notare quanto fosse discutibile il suo punto di vista. Prima della rimozione, il Nesti ha rincarato la dose dicendo che molti arbitri riversano sul campo le frustrazioni della propria vita quotidiana, a discapito dei poveri calciatori. Una domanda: ma siamo davvero sicuri che siano gli arbitri i veri frustrati? Una risposta può essere data dalla notizia che durante un torneo di calcio a 7, un arbitro dell’Aiacam (Associazione Italiana Arbitri di Calcio Amatoriale) è stato aggredito nel corso del match tra Magic Games Party e Pizzeria Sosta Obbligata, sui campi di Coronata di Genova. I giocatori della squadra ospite, non nuovi ad atteggiamenti di violenza verbale e fisica nei confronti dei direttori di gara, hanno dapprima accerchiato l’arbitro, per poi colpirlo con un violento pugno al volto. Prognosi per il direttore di gara: venti giorni. La direzione del torneo amatoriale ha provveduto a trasmettere al Coni il nominativo della squadra, le generalità dei componenti della dirigenza e dei calciatori, al fine di procedere con delle sanzioni esemplari. Un gesto di ferma condanna alla violenza, che andrebbe ripetuto in tutte le situazioni. “Perché in tutte le situazioni?”, vi chiederete. Perché in questa situazione l’arbitro aggredito si chiama Rosa Grotta. Ebbene sì, la vittima di aggressione è stata una donna. Molti sostengono che sia una aggravante, per me non lo è. Chi commette una violenza va condannato a prescindere, sanzionato con una radiazione, perseguito dalla giustizia sportiva, civile e penale. Le vittime di violenza sono tutte uguali e devono essere tutelate in egual maniera. L’opinione pubblica si scandalizza per il fatto che l’arbitro aggredito sia donna. Bisognerebbe fermarsi a riflettere sul perché si sia arrivati a tanto. E’ il regime di impunità che permette questa escalation di violenza, che fa dire ai giocatori “non me ne frega niente se mi danno cinque anni, io ti picchio lo stesso!”, certi di una squalifica che non pregiudica loro la partecipazione ad altre competizioni calcistiche. E’ questo regime di impunità che permette a degli uomini di osare violenza anche sulle donne, atto deprecabile che purtroppo riempie sempre più le pagine di cronaca. Questo regime di impunità va combattuto, con forza e veemenza su tutti fronti, magari con una collaborazione tra la FIGC e le federazioni di calcio amatoriale che preveda una radiazione totale da tutte le competizioni del calciatore reo di atteggiamento violento. Ritengo inoltre auspicabile un’assistenza legale gratuita per le vittime di violenza, infatti Rosa Grotta ha annunciato di volersi tutelare in sede legale, e magari sarebbe utile una campagna di sensibilizzazione nazionale sull'argomento e di forte impatto mediatico. Trovo giusto educare i bambini ai valori dello sport, ma credo sia anche giusto educare gli adulti alla civiltà. Sono questi i punti di partenza per evitare che altri ragazzi e altre ragazze si ritrovino aggrediti fisicamente e verbalmente. E’ ora di dare un segnale forte, chiaro, inopinabile. Ed è ora che si cominci a capire che la frustrazione viene sempre scaricata sul più debole, caro Carlo Nesti.

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