Esperto di Calcio

26 aprile 2013

La Francia in rossonero: da Desailly a Niang passando per Vieira, e..

Un interessante approfondimento da parte di Canale Milan, che ripercorre le tracce lasciate dai francesi in rossonero. Da Desailly a Niang, passando per Papin, Vieria e Ibou Ba..storia di campioni, grandi rimpianti e delusioni cocenti.

Capita spesso, di questi tempi, di vedere ben tre francesi in campo con la maglia del Milan. Quattro, se consideriamo anche Constant, nato a Frejus ma nazionale guineano; cinque volendo metterci anche Traoré, maliano nato e cresciuto a qualche chilometro da Parigi. Di certo, comunque, c’è che a Milanello non si è mai parlato così tanto il francese.

I transalpini in rossonero, una novità degli ultimi vent’anni. Poco o nulla arriva dal paese di Giovanna d’Arco nei primi decenni della storia del Milan: il mitico primo marcatore e capitano del Milan, David Allison, pur essendo nato a Mentone, era infatti più inglese della regina Elisabetta, e di tale Besancon o Bersacon passato da Milano nella stagione 1906-1907 non si conosce, in effetti, nemmeno il nome.
L’affluenza di francesi comincia soltanto in età berlusconiana con l’acquisto di Jean-Pierre Papin, pallone d’Oro 1991. Scartato dal presidente del Marsiglia Tapie (“Non può fare di più, anzi può soltanto peggiorare“), JPP arriva a Milano nell’estate del ’92 e segna subito all’Inter in un Trofeo Berlusconi. Le foudre se ne andrà dopo due stagioni, due campionati e una Champions League vinti e soprattutto 31 gol in 63 partite, tra cui alcune delle sue celebri papinades (da non perdere il gol al Porto, 3 marzo ’93): “Era la più bella squadra del mondo, ho avuto l’onore di giocarci. Semplicemente, un club mitico. Non avrei mai dovuto partire, ho molti rimpianti. Sono partito per giocare ma non avrei mai dovuto lasciare il Milan”.

Un anno dopo è il turno di un altro transalpino, nato ad Accra come Odenke Abbey per poi assumere nazionalità, nome e cognome del padre adottivo Marcel Desailly, console francese ad Accra. Inserito da Pelé nei Fifa 100, passa al Milan dopo averlo battuto in finale di Champions League e si toglie subito lo sfizio di rivincere il trofeo, siglando con un gol la vittoria sul Barcellona (“E sono quattro! E sono quattro!”). Cinque stagioni,186 presenze, 7 gol, trofei a palate e, al momento, la palma di miglior francese della storia rossonera.
La cosa sembra funzionare ed ecco che nel novembre del ’95, da Cannes in cambio di una cifra intorno ai 7 miliardi, ne arriva un altro, nato in Senegal e trasferitosi nell’Esagono a otto anni. All’epoca Patrick Vieira è un promettente diciannovenne, a Milanello per imparare: talmente sconosciuto che, quando in coppia con Weah va a finire a 180 km/h su un guard-rail nei pressi di Arma di Taggia, la polizia lo scambia per Desailly. Cinque partite ufficiali, l’esordio in campionato arrivato soltanto il 31 marzo, poi la cessione in estate: vicino a Monaco e Ajax, alla fine arriva l’Arsenal, gli offre il doppio dell’ingaggio e se lo porta a Highbury.
Il Milan ci riprova l’anno dopo, questa volta con una punta di peso: quel Cristophe Dugarry che, in coppia con un tale di nome Zinedine Zidane, aveva eliminato i rossoneri dalla Uefa con la maglia del Bordeaux. Sarà la stagione sfortunata, sarà che non è facile rubare il posto a Weah e Baggio, resta che il buon Cristophe va a segno soltanto sei volte (da segnalare una doppietta al Piacenza e un gol nella sfortunata partita con il Rosenborg) e già a febbraio chiede apertamente la cessione: “Sono orgoglioso di far parte della miglior squadra del mondo, di poter lavorare insieme a degli idoli veri, ma se non gioco Jacquet non mi convoca”. Dopo mezza stagione al Barcellona di Van Gaal torna in Francia e nel ’98 vince i mondiali.

Quei mondiali a cui, nonostante gli spot Nike con Ronaldo e Vieri, non partecipa un altro francese arrivato dal Bordeaux, quell’Ibrahim Ba nato in Senegal e arrivato a Milano nell’estate del ’97 come alternativa economica a Figo. Esterno destro dall’inconfondibile capello biondo, Ibou non mantiene le promesse e, dopo lo scudetto vinto con Zaccheroni, comincia un lungo ed inconcludente peregrinare per il mondo, pur restando legato all’ambiente rossonero a lungo: tornerà in rosa per festeggiare la Champions League 2007.
Ancora meno significativa la parabola rossonera di Bruno N’Gotty, cresciuto nel Lione e passato dal Paris Saint-Germain prima di approdare al Milan. Definito da qualche burlone il Koeman nero, Bruno incide comunque il suo nome tra i protagonisti del sedicesimo scudetto segnando al 93′, su punizione, la rete del 2-3 in un palpitante Bologna-Milan che ogni buon tifoso dovrebbe portare nel cuore. Dopo una stagione e mezza e dopo continue lamentale per lo scarso impiego, nel gennaio del 2000, chiuso da Josè Antonio Chamot (!), se ne va al Venezia di Beppe Marotta. Passati sei mesi in laguna, fa ritorno in Francia. Non un granché, per chi doveva essere l’erede di Desailly.
Passa qualche anno prima di rivedere un francese a Milanello. Nel 2004, periodo di grande Milan e di parametri zero, arriva gratis dal Lione il trentenne Vikash Dhorasoo, nazionale francese e originario delle Mauritius. Destinato a diventare famoso per le sue attività collaterali (poker, cinema, giornalismo…), non trova molto spazio pur facendo intravedere sprazzi di qualità: segnerebbe anche un gran gol al Bologna, ma un arbitro privo di senso estetico lo annulla. Dopo una sola stagione in rossonero, torna in patria, partecipa ai mondiali 2006 e poi lascia il calcio nel 2007, reduce da una improbabile esperienza di pochi mesi al Livorno.

Tutt’altra cosa, o almeno così sembrava, l’acquisto di Yoann Gourcuff nel 2006: il diciannovenne bretone arriva dal Rennes, per qualcuno erede di Zidane (uno dei tanti, da Bruno Cheyrou in poi) e parte pure bene, segnando e facendo vedere belle cose in una gara di inizio settembre contro l’AEK di Atene. Le cose, però, non vanno come tutti speravano, e dopo due anni il francesino va in prestito al Bordeaux, che deciderà poi di esercitare il diritto di riscatto. Oggi Gourcuff, tra alti e bassi, veste la maglia del Lione, ma sul suo soggiorno a Milano si è detto di tutto: per Nesta era troppo giovane, per il padre scomodo e riservato, per Maldini svogliato e poco puntuale. Ai posteri, sempre che gliene possa fregare qualcosa, l’ardua sentenza.
Il seguito è attualità, da Flamini, altro colpo a parametro zero arrivato, senza mai impressionare troppo, alla sua quinta stagione al Milan, regalando qua e là qualche tackle degno di nota, a Mexes, francese abbastanza romano da vincere il premio di “mejo fico der bigonzo”, a Niang, nato e cresciuto in Francia ma teoricamente convocabile anche dal Senegal.

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