Esperto di Calcio

4 dicembre 2012

Gioventù al potere: l'Arsenal di Arsene Wenger

"Io come Cruyff sono convinto che si possa vincere la Champions League anche con giovani talenti e non per forza spendendo molti soldi per giocatori affermati. Ogni tanto, naturalmente, è frustrante vedere il tuo lavoro distrutto dai soldi di altri. Avrei potuto lasciare i 'Gunners' almeno dieci volte, ma i soldi non sono mai stati una grande motivazione per me". Parole e musica di Arsene Wenger, riportate in estate dal The Sun. Ho deciso di esordire con questa citazione perchè credo riassuma alla perfezione la filosofia del tecnico alsaziano. A differenza di tutti l'Arsenal non è una formazione che ha, come unico obiettivo la vittoria. L'inserimento di giovani promettenti in luogo di grandi campioni ce lo testimonia. In quest'ottica vanno lette le cessioni illustri degli ultimi anni: Vieira, Henry, Hleb, Tourè, Adebayor, Nasri, Fabregas e Van Persie. Star di primo piano, che non rientravano più nei parametri anagrafici ed economici del manager francese. Wenger, colto allenatore alsaziano, approda a Londra nell'estate del 1996. Laureato in economia ed ingegneria, ha dedicato la sua intera vita al calcio. Vincitore di un campionato francese con la maglia dello Strasburgo, inizia ad allenare nel 1984. Gli bastano tre anni e porta il Monaco al successo in Ligue1, attirando su di se le lusinghe del Bayern Monaco. Wenger rifiuta il trasferimento in Baviera, lui è un tecnico che ama i progetti a lunga scadenza. Il suo marchio di fabbrica è chiaro fin da subito: pochi giocatori d'esperienza e tanti giovani di talento. Ecco allora che il Monaco ingaggia l'inglese Glenn Hoddle a far da chioccia ad alcuni giovani fantastici: Youri Djorkaeff, Lilian Thuram, Emmanuel Petit, Enzo Scifo George Weah e Jürgen Klinsmann. Tutti campioni, arrivati nel Principato poco più che maggiorenni o cresciuti direttamente nelle giovanili. A metà anni '90 l'Arsenal è guidato da George Graham, allenatore preparato e vincente. Graham fu bandito per un anno dalla Football Association per il suo coinvolgimento in uno scandalo di mercato. Il tecnico dei Gunners avrebbe, per sua stessa ammissione, accettato un "inaspettato regalo" da parte di un procuratore. Il club ha bisogno di ricostruire la squadra e la propria reputazione. Wenger è l'uomo giusto, ingaggiato nell'agosto del 1996. Fin dal primo anno sulle rive del Tamigi, il francese imposta il mercato della squadra secondo il suo credo: giovani, meglio se francesi. I primi due acquisti sono infatti Patrick Vieira (20) e Nicolas Anelka (17). Spesa totale 5 milioni di pound, strabiliante. Sul campo l'Arsenal inizia ad assimilare i dettami tattici dell'alsaziano. Corsa, tocchi di prima, sovrapposizioni ed una difesa solidissima. A fine anno si centra un terzo posto e l'accesso alla Champions League. Per prepararsi alla massima competizione continentale occorre investire sul mercato. In biancorosso arrivano Marc Overmars (24) ed Emmanuel Petit (26). Con un investimento inferiore ai 10 milioni di pound arrivano ad Highbury due campionissimi. I risultati danno ragione a Wenger, che riporta i Gunners in cima alla Premier League dopo sei stagioni. Costruita una solida impalcatura, è il momento giusto di inserire altri giovani: Nwankwo Kanu (21) e Fredrik Ljungberg (21). Il bomber nigeriano, impressionante talento ai tempi dell'Ajax, tradisce le aspettative. Lo svedese, invece, si affermerà a Londra come una delle ali più forti d'Europa. I Gunners giocano bene, sono una delle più belle realtà calcistiche. Sfiorano il titolo in Inghilterra ed arrivano in finale di Coppa Uefa ed FA Cup. Wenger continua il suo programma "giovani" e porta in biancorosso un giovane francese di bellissime speranze: Thierry Henry. Il fuoriclasse francese, sottovalutato da Ancelotti alla Juventus, diventerà trascinatore e simbolo di un Arsenal vincente. Oltre al francese sono ingaggiati l'ivoriano Kolo Tourè (20), Sol Campbell (24) e Robert Pires (26). L'Arsenal diventa un meccanismo ben oliato, che esprime un calcio meraviglioso. In Inghilterra parlano di calcio "Champagne", ma io lo definirei più semplicemente "Arsenal style". Con la promozione dal vivaio del terzino Ashley Cole viene sistemata anche la difesa e nel 2001/02 arriva il secondo titolo della gestione Wenger. Non sono successi fini a se stessi, ma fanno parte di un vero ciclo. L'anno successivo arriva un secondo posto e la vittoria in Coppa d'Inghilterra, giusto in tempo per accogliere a Londra un'altra infornata di giovani promesse. Nel 2003/04, stagione che coinciderà con il terzo titolo di Premier, Wenger ingaggia un gruppo di talenti meravigliosi: Cesc Fabregas (16), Gael Clichy (17) e Josè Antonio Reyes (19). Solo "la perla di Utrera" viene strapagata, gli altri sono i soliti colpi ad effetto del manager francese. Con tre titoli di Premier e quattro FA Cup, Wenger diventa il manager più vincente degli ultimi anni, ma l'Europa continua ad essere un tabù. Arrivano ad Highbury Robin Van Persie (20), Mathieu Flamini (20), Theo Walcott (16), Emmanuel Adebayor (21), Abu Diaby (19) e Emmanuel Ebouè (21) per dare l'assalto alla tanto agognata Champions League. L'Arsenal ci va vicino, tantissimo, nel 2005/06. La cavalcata europea sembra inarresabile, ma il 17 maggio 2006 a Parigi c'è il Barcellona. Nonostante l'inferiorità numerica l'Arsenal va in vantaggio, ma negli ultimi quindici minuti Eto'o e Belletti regalano la coppa ai catalani. La sconfitta segna la fine dell'apogeo Gunners, che dalla stagione successiva modificheranno radicalmente la propria struttura tecnica. Wenger si rende conto che il ciclo di quell'Arsenal è finito, occorre vendere i campioni affermati e ripartire da zero, ovviamente con i migliori giovani disponibili sul mercato. Nel giro di poche stagioni la squadra perde Bergkamp, Cole, Vieira, Henry, Reyes, Gilberto Silva, Pires e Ljungberg. Tifosi e società sono tutti con Wenger, che si rimbocca le maniche ed insieme ai suoi collaboratori va alla ricerca di una nuova generazione di talenti. Difficile dire se i giovani Gunners riusciranno ad eguagliare i propri predecessori, ma lo spirito non gli manca. Walcott, Alex Oxlade-Chamberlain, Ramsey, Wellington Silva, Coquelin, Vela e Joel Campbel sono tutti ragazzi di grande prospettiva, ciò che manca è forse quel gruppetto di giocatori esperti che possa aiutarli a crescere ed affermarsi. Nel calcio dei milioni, degli sceicchi e dei magnati russi o americani, l'Arsenal rappresenta per me un'isola felice. Nick Hornby diceva "mi sono innamorato del calcio come mi sono innamorato delle donne" e provare stima ed ammirazione per questo Arsenal è qualcosa che nasce dal cuore, spontaneamente. E' bello sapere che esiste una grandissima squadra nella quale la giovinezza non è un limite. E' bello sapere che, ogni anno, in Champions League si possono ammirare i colpi spensierati di chi ha un solo obiettivo in campo: divertirsi. Per me il calcio è questo, divertimento allo stato puro. Dei ragazzi che incantano in campo e sono umili fuori, persone con doti fuori dal comune che non hanno paura di metterle in mostra davanti a cinquanta mila persone. Allontaniamo da questo sport pressioni e polemiche ed eliminiamo lo stupido preconcetto che per giocare ad alti livelli occorra esperienza. Ci va anche quella, ma è il talento a fare la differenza, ed è qualcosa che non si può allenare o acquisire. Diamo la possibilità ai nostri ragazzi di esprimere il loro potenziale, di mettersi in mostra e fronteggiarsi con i migliori giocatori del mondo. L'Arsenal ci ha chiaramente dimostrato che con loro si vince.

 

3 comments:

Era una delle mie preferite a PES..

Bell'articolo Daniele! L'Arsenal è una di quelle squadre che hai sempre piacere di veder giocare, diverte forse proprio perchè è giovane. Devo dire che nelle ultime campagne acquisti Wenger si è lanciato nell'acquisto di giocatori sui 24/25 anni, ancora da consacrare. Forse il giusto compromesso tra programmazione e risultati. Unico difetto, a mio parere, è non avere mai avuto un portiere di livello. Ma se guardi Sir Alex, capisci che è un problema relativo!

Son d'accordo, direi che il portiere è un problema comune in Premier. Lo stesso Hart si sta rivelando decisamente meno forte di quanto poteva sembrare..
L'Arsenal ha il limite di non aver vinto nulla in Europa, ma Wenger da quand'è sulla panchina dei Gunners ha sempre portato la squadra fra le prime quattro.. I risultati parlano per lui.

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